lunedì 11 novembre 2013

Le piaceva sentire sulla pelle l’odore dell’erba mescolato a quello denso dei fiori; le ricordava i giardini che aveva visitato con Adam, le sue mani che profumavano di primavera. La mente di Penelope era svuotata, e il cuore ruvido come la terra che circondava la casa. Qualcosa però sarebbe cambiato, almeno lì, in quel giardino. In un modo o nell’altro sarebbe riuscita a rifiorire.

Caffè letterario
Buongiorno!
           Amici in lettura, inizia una nuova settimana e per animare la vostra giornata ecco che arrivano le delicate note profumate di uno splendido giardino che sparge come in una meravigliosa primavera il suo incantevole profumo che possiamo ritrovare tra le pagine rosa di questo romanzo che accompagneranno con la loro fragranza il vostro caffè.
 L’ultimo battito del cuore, è come un piccolo bocciolo che schiude i suoi petali, e proprio così farà anche con il nostro cuore insieme a quello della sua protagonista, Penelope che dopo la perdita del suo grande amore scoprirà che infondo al suo cuore c’è un meraviglioso giardino sopito che aspetta di essere scoperto e coltivato.
Penelope non ama le rose, ma ama profondamente Adam, e quando lui attraversa le porte dell’aldilà, lei vaga nella profonda solitudine del suo cuore, fino a quando un giardino risveglia la sua voglia di vivere e sarà proprio grazie a questa brulla terra del Kent a far scorrere il filo del destino per farle incontrare Tristan, colui che potrà far battere ancora una volta le lancette del suo cuore che si erano congelate con la morte del suo primo e unico amore. Una romantica storia d’amore che sboccia come un piccolo bocciolo dalla penna di Valentina Cerberi, che con questo suo primo romanzo mostra lo splendore di un giardino che torna a fiorire spargendo nell’aria il suo delicato profumo, che mi riporta alle mente le romantiche note di Nicholas Sparks e il magico mistero racchiuso nel bellissimo romanzo di Frances Hodgson Burnett, Il giardino segreto.
 Dopo questa premessa, vi lascio sorseggiare il vostro caffè con le pagine di questa romantica storia, che nonostante la tristezza delle prime pagine, farà battere il vostro cuore insieme a quello della povera Penelope, che potrà tornare a sbocciare solo grazie alla vostra lettura.
Autunno 2008
    L’odore dei fiori era dappertutto. La seguiva in ogni angolo, come una oscura maledizione. Penelope si ritrovava aggrappato ai vestiti l’odore pastoso dei gigli in fiore. Seguiva ogni suo passo come gli invitati alla funzione. Il funerale di Adam. Era da poco calato il sole, eppure avrebbe giurato di aver stretto più mani lei in quella giornata che in tutta la sua vita. Tutti, del resto, amavano Adam Spencer, ma a differenza di Isabel, che con il figlio aveva condiviso una vita intera, a lei erano spettate le briciole. La loro vita insieme, tutti i progetti per il futuro, si erano liquefatti nella carcassa della loro auto, travolta da un camionista sorpreso da un colpo di sonno. Dopo lo schianto c’era stata la corsa in ospedale, la constatazione della morte, la benedizione di un prete e un amen su un’esistenza interrotta troppo in fretta. E ora lei se ne stava seduta su una sedia a rotelle nel bel mezzo del giardino degli Spencer. Si era svegliata dal coma qualche settimana prima, ma nella sua testa era ancora tutto confuso. La sola cosa che le appariva chiara era la morte di Adam. Lui non ce l’aveva fatta, non l’aveva aspettata. Aveva avuto fretta di andarsene, non le aveva permesso nemmeno di salutarlo come si deve. Non appena riacquistato l’uso della parola, Penelope aveva subito chiesto di lui, ma era troppo tardi, e i suoi organi erano già stati trapiantati in corpi sconosciuti. Dell’uomo che amava non le era rimasto niente. Nemmeno quel cuore che aveva giurato essere suo. Seduta davanti alla sua tomba Penelope avrebbe voluto gridare, ma nessuno si sarebbe mai precipitato a soccorrerla. Nessuno poteva, né si sforzava di capire. Adam le aveva promesso una vita insieme, le aveva giurato che quando fossero stati anziani e malandati si sarebbero ricordati le pillole l’un l’altro, ma quel sogno era durato appena qualche settimana. Non ci sarebbero state più lavatrici, camicie da stirare o il secondo spazzolino nel bicchiere accanto al lavandino. Niente. Soltanto distese di solitudine, una lanugine che difficilmente avrebbe potuto spazzare via dal cuore. Penelope sentiva ancora nelle orecchie l’eco della sua risata, quell’ottimismo incrollabile, ma nelle mani aveva solo il vuoto di un addio consumato. “Va’ avanti”, “lui non vorrebbe saperti infelice” continuavano a ripeterle una serie di facce spiegazzate dal pianto sopra lugubri abiti neri. Avanti però Penelope non riusciva proprio a guardare, e il presente era già un fardello pesante per le sue ginocchia ossute fare capolino dai pantaloni. Era stato un inferno indossarli, i muscoli erano ancora intorpiditi dalla lunga immobilità, ma non avrebbe accettato nessun altra soluzione. Le gonne non le erano mai andate a genio, così come non aveva mai amato le rose che invece Adam adorava, e che si intrecciavano sulla sua tomba. Penelope le trovava di una bellezza troppo semplice, scontata, invece Adam impazziva per loro al punto di voler mettere in salotto la riproduzione gigante di una Baltimore Belle che aveva fotografato durante una passeggiata. Aveva scattato quella foto in primavera, appena qualche mese prima. prima. D’ora  in poi la sua vita si sarebbe per sempre divisa tra un prima e un dopo Adam. ... Era successo non poteva tornare indietro, doveva farsene una ragione. Nessuno era tornato dall’altro mondo e Adam non avrebbe fatto eccezione, ma pur di smetterla di continuare a torturarsi con quel pensiero preferì spostare l’ attenzione sulle aiuole fiorite intorno a lei; tutto era perfetto, un addio in pieno stile Adam Spencer: romantico e decadente, impossibile da dimenticare. ... Inverno 2009 Pile di piatti sporchi nel lavandino e briciole sulla tovaglia dimenticata sul tavolo, la  stessa delle ultime tre settimane. Penelope, avvolta nel maglione di Adam, stava seduta a guardare il posto vuoto davanti al suo. Avrebbe lasciato il lavoro, ormai aveva deciso. Aveva denaro a sufficienza per un altro mese, poi chissà. Si girò verso la finestra, rivolgendo gli occhi al sole radente che la salutava oltre il vetro. Sui tetti lo sbuffare bianco dei comignoli sembrava scaldare il cielo grigio, mentre il gelo di un inverno senza fine graffiava le pareti. Penelope si strinse nel maglione, sognando Adam. ... Estate 2009  Il suv era imbottigliato nel traffico del fine settimana. Penelope se ne stava rannicchiata di lato, il piede premuto sul tappetino come se avesse voluto frenare ogni volta che un’auto le affiancava. Seduta accanto a lei Addison non la smetteva di parlare. Penelope si calò il cappuccio della felpa di Adam sulla testa e si girò di lato, intirizzita per il vento che continuava a batterle addosso. Come al solito, Addison teneva il finestrino abbassato per far circolare l’aria, sia che fuori ci fossero tre o trenta gradi, ignorando l’esistenza dell’aria condizionata e delle bocchette di ventilazione. Penelope tirò giù le maniche sino a coprirsi le mani, gli occhi incollati al finestrino mentre Addison continuava imperterrita il suo monologo sul tempo che guarisce ogni ferita, sul dovere di andare avanti sempre, nonostante tutto, e lasciarsi avvolgere dagli affetti familiari. ... Detestava che Addison decidesse per lei, detestava il modo in cui riusciva a risolvere i problemi di tutti e a condurre la sua vita perfetta mentre lei di perfetto non aveva niente, anzi; era svuotata dentro, e Addison lo sapeva. ... un lampione rischiarò la notte, e le due sorelle approdarono davanti alla casa in stile georgiano, con i mattoni rossi e le inglesine bianche, e l’impeccabile simmetria dei camini agli estremi del tetto; il ritratto di Addison. Rigore, linearità, purezza delle forme. “Al piano terra ci sono la sala da pranzo, il salotto, la cucina, lo studio di Ryan e i bagni per gli ospiti; al piano superiore le camere. La casa è circondata da un parco secolare, un capanno per gli attrezzi e i parcheggi. Ci piacerebbe una piscina, ma per il momento è solo un’idea”  continuò Addison. Penelope raggiunse le due colonne bianche che incorniciavano la porta a vetri circondata da intrecci di glicine, ma non resistette alla tentazione di lanciare lo sguardo oltre. C’era qualcosa al di là del confine delineato dalla notte stellata; un giardino apparentemente sconfinato che respirava piano, seguendo la brezza leggera del sud. ... Addison la invitò a entrare, ma all’improvviso Penelope ebbe freddo, quel freddo che attanaglia le ginocchia e blocca il respiro. Fu allora, per la prima volta in quella giornata, che si risvegliò da quel torpore durato un ano intero. Il sangue ricominciò lento a pompare nelle vene, e le gambe a riprendere forza. Era viva, la luce fioca oltre la finestra non doveva spaventarla. Addison non sarebbe riuscita a soffocarla, questa volta avrebbe lottato. ... “La famosa Penelope? Ryan Walker” disse una voce calda e profonda. La luce proveniente da un’altra stanza illuminò la figura di un uomo e di una sedia a rotelle. Ryan, il marito di Addison. Suo cognato. ... Dopo l’incontro con Ryan era salita nella sua nuova stanza, ma era rimasta sveglia per ore a chiedersi cosa dovesse aspettarsi da quella convivenza . era sicura che Addison avesse qualcosa in mente per lei. E Ryan, poi; conoscerlo le aveva trasmesso una strana sensazione. ...       
https://www.youtube.com/watch?v=oafopGlfVMY 

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