domenica 22 dicembre 2013
C'era una volta... in una certa città un ciabattino, di nome Martin Avdeic... Lev Tolstoj
Once upon a time...
Allora! Come va, amici in lettura?
È da un po’ che non scrivo su questo blog, e forse avrete
pensato che vi ho abbandonato, ma invece NO. Eccomi ancora qui a condividere
con voi la gioia di un buon libro e a chiacchierare sugli autori che ci donano
tanti sogni e grandi emozioni.
Il Natale ormai è
alle porte, ieri abbiamo accolto al calduccio delle nostre case, l’arrivo dell’inverno
e parlando di calduccio, niente e più emozionante a riscaldarci il cuore di una
delle fiabe del Natale, da leggere davanti al focolare o tra le calde coperte
del nostro lettuccio. Così eccomi qui a proporvi un grande classico del grande Lev Tolstoj uno dei miei scrittori preferiti
oltre a essere una grande figura della letteratura russa. La storia che vi
riporto s’intitola il natale di Martin,
e sicuramente molti la riconosceranno anche perché si riflette nella celebre
parabola biblica di Gesù e i Farisei.
IL NATALE DI
MARTIN
In una certa
città viveva un ciabattino, di nome Martin Avdeic. Lavorava in una stanzetta in
un seminterrato, con una finestra che guardava sulla strada. Da questa poteva
vedere soltanto i piedi delle persone che passavano, ma ne riconosceva molte
dalle scarpe, che aveva riparato lui stesso. Aveva sempre molto da fare, perché
lavorava bene, usava materiali di buona qualità e per di più non si faceva
pagare troppo. Anni prima, gli erano morti la moglie e i figli e Martin si era
disperato al punto di rimproverare Dio. Poi un giorno, un vecchio del suo
villaggio natale, che era diventato un pellegrino e aveva fama di santo, andò a
trovarlo. E Martin gli aprì il suo cuore. "Non
ho più desiderio di vivere" gli confessò. "Non ho più speranza." Il vegliardo rispose: "La tua disperazione è dovuta al
fatto che vuoi vivere solo per la tua felicità. Leggi il Vangelo e saprai come
il Signore vorrebbe che tu vivessi." Martin si comprò una Bibbia. In
un primo tempo aveva deciso di leggerla soltanto nei giorni di festa ma, una
volta cominciata la lettura, se ne sentì talmente rincuorato che la lesse ogni
giorno.
E cosi accadde
che una sera, nel Vangelo di Luca, Martin arrivò al brano in cui un ricco
fariseo invitò il Signore in casa sua. Una donna, che pure era una peccatrice,
venne a ungere i piedi del Signore e a lavarli con le sue lacrime. Il Signore
disse al fariseo: "Vedi questa
donna? Sono entrato nella tua casa e non mi hai dato acqua per i piedi. Questa
invece con le lacrime ha lavato i miei piedi e con i suoi capelli li ha
asciugati... Non hai unto con olio il mio capo, questa invece, con unguento
profumato ha unto i miei piedi." Martin rifletté. Doveva essere come
me quel fariseo. Se il Signore venisse da me, dovrei comportarmi cosi? Poi posò
il capo sulle braccia e si addormentò. All'improvviso udì una voce e si svegliò
di soprassalto. Non c'era nessuno. Ma senti distintamente queste parole: "Martin! Guarda fuori in strada domani,
perché io verrò."
L'indomani
mattina Martin si alzò prima dell'alba, accese il fuoco e preparò la zuppa di
cavoli e la farinata di avena. Poi si mise il grembiule e si sedette a lavorare
accanto alla finestra. Ma ripensava alla voce udita la notte precedente e così,
più che lavorare, continuava a guardare in strada. Ogni volta che vedeva
passare qualcuno con scarpe che non conosceva, sollevava lo sguardo per
vedergli il viso. Passò un facchino, poi un acquaiolo. E poi un vecchio di nome
Stepanic, che lavorava per un commerciante del quartiere, cominciò a spalare la
neve davanti alla finestra di Martin che lo vide e continuò il suo lavoro. Dopo
aver dato una dozzina di punti, guardò fuori di nuovo. Stepanic aveva
appoggiato la pala al muro e stava o riposando o tentando di riscaldarsi.
Martin usci sulla soglia e gli fece un cenno. "Entra" disse "vieni a scaldarti. Devi avere un gran
freddo." "Che Dio ti benedica!" rispose Stepanic. Entrò,
scuotendosi di dosso la neve e si strofinò ben bene le scarpe al punto che
barcollò e per poco non cadde. "Non
è niente" gli disse Martin. "Siediti
e prendi un po'di tè." Riempì due boccali e ne porse uno all'ospite.
Stepanic bevve d'un fiato. Era chiaro che ne avrebbe gradito un altro po'.
Martin gli riempi di nuovo il bicchiere. Mentre bevevano, Martin continuava a
guardar fuori della finestra. "Stai
aspettando qualcuno?" gli chiese il visitatore. "Ieri sera" rispose Martin "stavo leggendo di quando Cristo andò in casa di un fariseo che
non lo accolse coi dovuti onori. Supponi che mi succeda qualcosa di simile.
Cosa non farei per accoglierlo! Poi, mentre sonnecchiavo, ho udito qualcuno
mormorare: ' Guarda in strada domani,
perché io verrò '
Mentre Stepanic
ascoltava, le lacrime gli rigavano le guance. "Grazie, Martin Avdeic. Mi hai dato conforto per l'anima e per il
corpo." Stepanic se ne andò e Martin si sedette a cucire uno stivale.
Mentre guardava fuori della finestra, una donna con scarpe da contadina passò
di lì e si fermò accanto al muro. Martin vide che era vestita miseramente e
aveva un bambino fra le braccia. Volgendo la schiena al vento, tentava di
riparare il piccolo coi propri indumenti, pur avendo indosso solo una logora
veste estiva. Martin uscì e la invitò a entrare. Una volta in casa, le offrì un
po' di pane e della zuppa. "Mangia,
mia cara, e riscaldati" le disse. Mangiando, la donna gli disse chi
era: "Sono la moglie di un soldato.
Hanno mandato mio marito lontano otto mesi fa e non ne ho saputo più nulla. Non
sono riuscita a trovare lavoro e ho dovuto vendere tutto quel che avevo per
mangiare. Ieri ho portato al monte dei pegni il mio ultimo scialle." Martin
andò a prendere un vecchio mantello. "Ecco"
disse. "È un po' liso ma basterà per
avvolgere il piccolo." La donna, prendendolo, scoppiò in lacrime. "Che il Signore ti benedica."
"Prendi" disse Martin porgendole del denaro per disimpegnare lo
scialle. Poi l'accompagnò alla porta. Martin tornò a sedersi e a lavorare. Ogni
volta che un'ombra cadeva sulla finestra, sollevava lo sguardo per vedere chi
passava. Dopo un po', vide una donna che vendeva mete da un paniere. Sulla
schiena portava un sacco pesante che voleva spostare da una spalla all'altra.
Mentre posava il paniere su un paracarro, un ragazzo con un berretto sdrucito
passò di corsa, prese una mela e cercò di svignarsela. Ma la vecchia lo afferrò
per i capelli. Il ragazzo si mise a strillare e la donna a sgridarlo
aspramente. Martin corse fuori. La donna minacciava di portare il ragazzo alla
polizia. "Lascialo andare,
nonnina" disse Martin. "Perdonalo,
per amor di Cristo." La vecchia lasciò il ragazzo. "Chiedi perdono alla nonnina"
gli ingiunse allora Martin. Il ragazzo si mise a piangere e a scusarsi. Martin
prese una mela dal paniere e la diede al ragazzo dicendo: "Te la pagherò
io, nonnina." "Questo
mascalzoncello meriterebbe di essere frustato" disse la vecchia.
"Oh, nonnina" fece Martin "se lui dovesse essere frustato per
aver rubato una mela, cosa si dovrebbe fare a noi per tutti i nostri peccati?
Dio ci comanda di perdonare, altrimenti non saremo perdonati. E dobbiamo
perdonare soprattutto a un giovane sconsiderato." "Sarà anche
vero" disse la vecchia "ma
stanno diventando terribilmente viziati." Mentre stava per rimettersi
il sacco sulla schiena, il ragazzo sì fece avanti. "Lascia che te lo porti io, nonna. Faccio la tua stessa
strada." La donna allora mise il sacco sulle spalle del ragazzo e si
allontanarono insieme. Martin tornò a lavorare. Ma si era fatto buio e non riusciva
più a infilare l'ago nei buchi del cuoio. Raccolse i suoi arnesi, spazzò via i
ritagli di pelle dal pavimento e posò una lampada sul tavolo. Poi prese la
Bibbia dallo scaffale. Voleva aprire il libro alla pagina che aveva segnato, ma
si apri invece in un altro punto. Poi, udendo dei passi, Martin si voltò. Una
voce gli sussurrò all'orecchio:
"Martin, non mi riconosci?" "Chi
sei?" chiese Martin. "Sono
io" disse la voce. E da un angolo buio della stanza uscì Stepanic, che
sorrise e poi svanì come una nuvola. "Sono
io" disse di nuovo la voce. E apparve la donna col bambino in braccio.
Sorrise. Anche il piccolo rise. Poi scomparvero. "Sono io" ancora una volta la voce. La vecchia e il
ragazzo con la mela apparvero a loro volta, sorrisero e poi svanirono. Martin
si sentiva leggero e felice. Prese a leggere il Vangelo là dove si era aperto
il libro. In cima alla pagina lesse:
“Ebbi
fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi dissetaste, fui forestiero e mi
accoglieste. In fondo alla pagina lesse: Quanto avete fatto a uno dei più
piccoli dei miei fratelli, l'avete fatto a me.” ( Matteo 25,31-46)
Così Martin comprese che il
Salvatore era davvero venuto da lui quel giorno e che lui aveva saputo
accoglierlo.
the
end... Il resto è un’altra storia...