Buongiorno e...
Benvenuti tra le mie pagine...
Caffè Letterario
La settimana è già cominciata, ma il caffè la
mattina è sacro, e come sappiamo bene, la felicità è... bere un coffee accompagnato
dalla lettura di un bel libro, allora niente sembra più azzeccato di questo
romanzo della scrittrice francese Agnes Martin-Lugand, “La gente felice legge e beve caffè”, edito dalla Sperling &
Kupfer.
Se ci si ferma al titolo, ci si immagina
subito una storia felice e ricca di sorprese e se ci accostiamo a questo
romanzo con questa idea, rischiamo una profonda delusione, perché in realtà
questa è una storia profonda, che non ha nulla gioioso, ma come in una delle scene iniziali del "Film Blu" del regista polacco Krzysztof
Kieślowski, dove in
una idilliaca intro, ricca di risate felici e corsa mattutina fuori casa, una
donna, si ritrova immersa in un profondo dolore, nato dalla perdita delle
persone che più ama al mondo, che ha visto uscire e mai più rientrare, suo marito Colin e la sua bambina di cinque anni
Clara. Una scomparsa prematura, che sconvolge la nostra protagonista, tanto da
farla vivere in una specie di limbo per un anno intero, durante il quale vegeta
nel ricordo forzato, fino a quando non prende l’atlante e cerca il Paese che
suo marito desiderava visitare, l’Irlanda. Fatto questo, punta il dito su una località a caso e decise
che quella sarà la sua prossima meta. Il luogo che il fato ha deciso per lei è Mulranny, una località sperduta lungo
la riva del mare, dove regnano una natura incontaminata e un tempo che ti fa
scappare a gambe levate, però è qui che Diane si ritrova come vicino di
cottage, Edward, un bel tenebroso, dal carattere burbero e a dir poco
insopportabile. Ma questa forzata vicinanza, sarà quella che aiuterà a
cicatrizzare la profonda ferita nel cuore della nostra protagonista, facendole
considerare l’idea, che in fondo la vita continua e nonostante tutto si può
ancora essere felici. E nonostante la mitica frase che fa da titolo a questa
storia e al caffè letterario che la nostra Diane gestisce insieme al fedele
amico Félix, questo romanzo non è una storia felice, ma il percorso di una
donna, verso la felicità. Vi chiederete: “Perché leggerlo se poi dobbiamo
deprimerci?” Beh! io direi che esistono molte ragioni, non solo perché si legge
in un fiato, ma perché è una storia che aiuta a curare il dolore, dato che ci fa comprendere come dopo la tempesta
torna il sereno, in fondo la vita continua e finché c’è
vita c’è speranza e l’amore ritorna sempre come la felicità che si prova
leggendo e bevendo caffè.
Non dobbiamo stupirci se leggendo questo
romanzo abbiamo la sensazione di essere catapultati dentro la psicologia della
nostra protagonista, perché l’autrice di questa emozionante storia Agnès Martin-Lugand, è niente poco di meno che una psicologa, che
ha scoperto la sua vocazione letteraria e ha deciso che la penna è il suo
mestiere, ma di certo non dimentica la fonte delle sue conoscenze, che si
adattano meravigliosamente allo sviluppo dei personaggi, che dimostrano di
avere un io molto profondo e ben strutturato.
Quindi, una lettura sicuramente adatta
al nostro CAFFÈ LETTERARIO. Visto che “Happiness is a cup of coffee and a
really good book”, vi lascio con questa emozionante degustazione.
“Mamma, dai ti prego!”
“Clara, ho detto di no.”
“Colin, non scherzare. Se Clara viene con te, voi
due ve ne andrete chissà dove, e partiremo per le vacanze fra tre giorni.”
“Vieni anche tu, così ci tieni d’occhio!”
“Neanche per sogno, hai visto quante cose ho da
fare?”
“Ecco perché Clara dve fare un giro come ne, per
farti stare tranquilla.”
“Per favore, mamma!”
“E va bene. Adesso fuori! Non voglio più vedervi.”
Erano usciti
schiamazzando per le scale. E poi mi hanno raccontato che stavano ancora
facendo i buffoni, in macchina, quando il camion li ha centrati. Mi sono detta
che sonno morti ridendo. Mi sono detta che avrei voluto essere con loro. E per
un anno intero mi sono ripetuta tutti i giorni che avrei preferito morire con
loro. Ma il mio cuore continuava a battere con ostinazione. E mi teneva in
vita. per mia disgrazia.
Sdraiata sul divano,
stavo fisando le volute di fumo della mia sigaretta, quando la porta d’ingresso
si aprì. Félix ormai piombava da me quando gli pareva, o quasi. Veniva tutti i
giorni. Pessima idea lasciargli il doppione delle chiavi! Mi fece spaventare, e
la cenere finì sul pigiama. La soffiai via e scivolò a terra. Per non vederlo
mettersi a riordinare, come al solito, me ne andai dritta in cucina a rifare il
pieno di caffeina. Quando tornai, non era cambiato niente. I posacenere erano
ancora stracolmi, le tazze vuote, le confezioni del take-away e le bottiglie
ancora sparse sul tavolino. Félix era seduto, con le gambe accavallate, e mi
fissava. La sua aria così seria mi sconcertò per una frazione di secondo, ma
quello che mi sorprese fu il suo abbigliamento. Perché era in giacca e
cravatta? Che ne era dei suoi immancabili jeans strappati e delle sue T-shirt
attillate? - “Dove vai così elegante? A un matrimonio o a un funerale?” - “Che ore
sono?” - “La tua non è una risposta, e
io me ne fregio dell’ora. Ti sei messo in tiro per rimorchiare un golden-boy?” - “Magari. Sono le due. E tu devi andare a
lavarti e vestirti. Non puoi venire conciata così.” - “Venire dove?” -“Datti una mossa. I tuoi genitori e quelli
di Colin ci aspettano. Dobbiamo essere lì tra un’ora.” Il mio corpo fiu
scosso da un brivido, le mani iniziarono a tremare, la rabbia mi montò
dentro. - “Al cimitero non ci metto piede. Chiaro?” - “Fallo per loro”, mi disse con
dolcezza. – “È importante che tu ci sia. Oggi devi, è l’anniversario, tutti ti
saranno vicini.” - “ Io non voglio la
vicinanza di nessuno. mi rifiuto di partecipare a una cerimonia tanto insulsa.
Credi che abbia voglia di celebrare la loro morte?” La voce mi spezzò dentro, e le prime lacrime
della giornata cominciarono a scendere. La vista mi si annebbiò e scorsi Félix
alzarsi e venire verso di me. Mi abbracciò e m strinse al petto. – “Diane,
devi andarci. Pensa a loro, ti prego.” Lo respinsi bruscamente. – “Ti
ho detto di no, non mi hai sentito? Vattene!” urlai, notando che cercava di
avvicinarsi di nuovo. Andai di corsa in camera mia. Nonostante mi tremassero le
mani, riuscii a chiudermi dentro a doppia mandata. Mi accasciai la schiena
contro lo stipite, le gambe piegate contro il petto. Il silenzio che aveva
invaso l’appartamento fu rotto dal sospiro di Félix. –Ripasso stasera.” - “Non voglio
più vederti.” – “Fa’ almeno lo sforzo di lavarti, sennò ti ficcherò io sotto la
doccia.” I suoi passi si allontanarono, e la porta sbattuta mi fece capire
che se n’era finalmente andato. Rimasi con la testa tra le ginocchia, per
alcuni lunghi minuti, prima di trovare la forza di sollevare lo sguardo.
Gattonai fino al letto, faticosamente. Salii sopra e mi avvolsi nelle coperte.
Il mio naso, come accadeva ogni volta che mi rifugiavo lì, cercava il profumo
di Colin. Alla lunga era sparito, eppure non avevo cambiato le lenzuola. Volevo
sentirlo di nuovo. Volevo cancellare l’odore dell’ospedale, della morte che gli
aveva impregnato la pelle l’ultima volta che avevo avvicinato il viso al suo
collo. Volevo dormire, il sonno concilia l’oblio. Un anno prima, quando era
arrivata al pronto soccorso accompagnata da Félix, mi avevano detto che era
troppo tardi, che mia figlia era morta in ambulanza. I medici mi avevano
lasciato giusto il tempo di vomitare prima di comunicarmi che per Colin era
questione di minuti, o al massimo di un paio d’ore. Se volevo salutarlo per
l’ultima volta, dovevo farlo subito. Avrei voluto urlare, gridare a tutti loro
che erano dei gran bugiardi, ma non ci riuscivo. Ero sprofondata in un incubo,
e speravo in tutti i modi di risvegliarmi. Un’infermiera ci aveva guidati verso
la stanza dove c’era mio marito. Ogni parola, ogni gesto che si sarebbe svolto
lì dentro mi restò impresso nella memoria. Lui era lì, disteso su un letto,
collegato a un mucchio di macchine rumorose, lampeggianti. ... Aveva sollevato una mano per posarmela sulla
guancia. - “Su amore”, mi aveva consolato. - “Cerca di calmarti, hai sentito Félix: Clara ha bisogno di te.” Non
avevo trovato il modo di sfuggire ai suoi occhi colmi di speranza sulle sorti
di nostra figlia. – “E tu?” ero riuscita ad articolare. – “È
lei che conta”, mi aveva risposto, asciugandomi una lacrima. I miei
singhiozzi erano diventati più forti mentre appoggiavo il viso sul palmo ancora
caldo. Lui c’era ancora, e io a quell’ “ancora” mi aggrappavo. – “Colin, non voglio perderti”, avevo
mormorato. “Non sei sola, hai Clara, e
Félix si prenderà cura di voi.” Avevo scosso la testa, senza osare
guardarlo. – “Amore mio, andrà tutto
bene, devi essere coraggiosa, per nostra figlia...” La sua voce si era
spenta di colpo, io avevo alzato gli occhi in pred al panico. Sembrava sfinito.
Aveva esaurito le sue ultime energie per me, come sempre. Mi ero chinata su di
lui per abbracciarlo, Colin aveva ricambiato con quel poco di vita che gli
restava. Poi mi ero sdraiata accanto a lui, l’avevo aiutato ad appoggiare la
testa su di me. Finché era tra le mie braccia non poteva lasciarmi. Mi aveva
sussurrato per l’ultima volta che mi amava. Avevo avuto giusto il tempo di
rispondergli prima che si addormentasse serenamente. Ero rimasta in quella
posizione diverse ore stringendolo, cullandolo, abbracciandolo, respirandolo.
... Oggi come da un anno a questa parte, il silenzio regnava nel nostro
appartamento. Niente più musica, niente più risate, niente più voci. Le gambe
mi guidarono alla camera di Clara, senza che io lo volessi. ... Non avevo
toccato niente: né il piumone appallottolato, né i giocattoli sparsi ovunque,
né la sua camicia da notte per terra, né il piccolo troley in cui aveva messo
le bambole che avrebbe portato in vacanza. ...
La gente felice legge e beve caffè
racchiude tra le sue pagine le emozioni più profonde di una donna che non ha
altra scelta che accettare il proprio destino.
Consigliato a chi: ama le storie piene di speranza
Da regalare: all'amica che ha deciso di
cambiare vita
Da comprare: al ritorno di un viaggio in
Irlanda
Da leggere bevendo: caffè.
Quindi... Scopriamo come la nostra Diane, decide che è
ora di voltare pagina e come la felicità può ritornare a bussare alla porta,
continuiamo a leggere questo romanzo e codiamoci la vera felicità, una bella e
emozionante lettura e una fragrante tazza di caffè caldo.
Buona Lettura