Parliamo di
… Simona Sparaco
e del suo ultimo libro, selezionato tra i
finalisti del Premio Strega 2013, Nessuno sa di noi, edito dalla
Giunti Editore.
Ciao a tutti cari amici del “La bacheca dei libri”,
oggi parliamo di una scrittrice che dopo i successi dei suoi due precedenti
romanzi, mi ha colpito profondamente con il suo terzo libro, perché ha avuto il
coraggio di affrontare un argomento veramente difficile come l’aborto
terapeutico, che tocca in vivo un acceso dibattito etico, morale, sociale che molte volte tralascia l’aspetto
forse più importante, quello umano.
Ma, Vediamo cosa ha risposto la nostra scrittrice alla
domanda: Parliamo un po’ del tuo ultimo romanzo,
Nessuno Sa di Noi. Come mai hai scelto di affrontare un argomento così
“scomodo”, soprattutto nel nostro Paese, come quello dell’aborto terapeutico?
Il
dolore di Luce necessitava di una voce disposta a raccontarlo. Quello che
capita a lei, capita a molte più donne di quello che comunemente si crede. Le
nuove frontiere delle indagini prenatali hanno cambiato profondamente la nostra
società e il modo di vivere una gravidanza, sollevando questioni etiche,
morali, religiose, che a mio avviso meritavano di essere indagate, almeno dal
punto di vista letterario.
http://www.toylet.it/2013/40862/intervista-simona-sparaco-premio-strega-2013-nessuno-sa-di-noi.toy
Prima di scoprire “Nessuno sa di noi”, scopriamo
Simona Sparaco, chi è?
Simona Sparaco, è una scrittrice e sceneggiatrice
nata nel 1978 a Roma. Dopo aver preso una laurea inglese in Scienze della Comunicazione,
spinta dalla passione per la letteratura, è tornata in Italia e si è iscritta
alla facoltà di Lettere, indirizzo Spettacolo. Ha frequentato diversi corsi di
scrittura creativa, tra cui il master della Holden di Torino, la scuola di Alessandro
Baricco. La passione per la scrittura è iniziata fin da giovanissima, tanto che
all’età di dodici anni, ha sentito il bisogno di scrivere, componimenti,
pensieri, infatti la nostra scrittrice nonostante le molte idee nel cassetto,
ha iniziato a scrivere seriamente, solo dopo aver fatto degli studi
appropriati, perché come ha affermato in una intervista, il lettore è
importante ed è giusto presentare un buon lavoro. Per la Newton Compton ha
pubblicato i romanzi Lovebook e Bastardi senza amore, tradotto anche in
lingua inglese. Oggi vive tra Roma e Singapore.
Dettagli
Autore:
Simona Sparaco
Titolo:
Nessuno sa di noi
Editore:
Giunti
Collana:
A
Pagine:
256
Prezzo:
12,00 ebook 6.99 €
Un romanzo che scuote l'anima
Questo
romanzo tratta una storia molto reale, difficile da raccontare, che ha messo a
dura prova anche le coppie più salde, che si sono perse nel dolore della scelta,
penosa e dura , ma nel romanzo di Simona Sparaco, Luce e Pietro resistono
soprattutto grazie alla sua forte personalità, e insieme prendono coscienza e
la grave decisione di un aborto terapeutico, perché il piccolo Lorenzo, il
bambino che hanno tanto desiderato e che finalmente è arrivato ha una grave
malformazione della crescita, che comprometterà la sua vita, il dolore, la
sofferenza, le lacrime e le colpe con cui decidono di vivere li portano a
questa difficile decisione che ha turbano la vita di molti altri genitori che
come loro si sono trovati ad affrontare questa orribile decisione e come loro a
portarne il peso di fronte a l’etica cristiana e alla società.
Nessuno
sa di noi, è un romanzo forte, commovente, che ci
mette di fronte ad una realtà molto privata, che in genere si nasconde, per
proteggersi dalla critica sociale, dalla vergogna e dal profondo dolore di chi
si trova a vivere questa esperienza che dal di fuori, può sembrare semplice
dire: Si, sono contro l’aborto
terapeutico, ma quando ti dicono che tuo figlio, l’amore della tua vita, la
creatura che hai tanto atteso e che soprattutto una donna sente crescere dentro
di sé, è malato, non c’è la farà a vivere, quale dovrebbe essere la reazione
giusta? Difficile dirlo per chi purtroppo non si trova nella situazione, e la
scelta è amara da qualunque punto di vista.
Altre parole sono inutili, quindi
diamo voce alla nostra scrittrice e a Nessuno
sa di noi:
…La dottoressa ferma la
proiezione su un profilo attendibile e digita sulla tastiera dell’ecografo per
prendere le misure esatte. Lorenzo è di nuovo lì, in bianco e nero, sopra le
nostre teste, mentre linee rette lo attraversano da parte a parte. L’ultima
volta mi sono commossa, riuscendo a distinguere tra quelle ombre la sua faccia
coperta dalle manine, in un gesto di fastidio o difesa, chissà. Mentre un
cerchio si apre come una voragine sul suo minuscolo cranio per determinarne il
diametro, analizzo lo sguardo della dottoressa, cercando di leggere in ogni
minima contrazione delle palpebre un’anticipazione, un indizio. La dottoressa
si rivolge all’assistente parlando di numeri che per me non hanno senso, ma lo
capisco lo stesso che qualcosa sta cambiando. Ora. Per sempre. “È corto” sentenzia più volte,
riferendosi al femore. Comincio a tirarmi i capelli, come faccio quando mi
assale l’ansia. Li afferro a ciocche e li arrotolo tra le dita. Tengo lo
sguardo incollato alle sue gambette, che per la prima volta riesco a
distinguere nitidamente. I piedini, mio Dio, sono lì, perfetti, un dito dopo
l’altro, come devono essere i piedini di un neonato, solo che lui è ancora
dentro di me. Il cuore mi rimbomba nelle orecchie, nella pancia, nelle ossa.
Non so se sia il mio o il suo, lo sento dappertutto. Ho la testa confusa, annebbiata.
La dottoressa preme la sonda muovendo il manipolo in tutte le direzioni. Pietro
mi stringe la mano senza dire niente. Quelle linee e quei cerchi continuano ad
agitarsi sulla sagoma di nostro figlio, come uno scarabocchio, però di una
precisione geometrica, infallibile. La dottoressa lo misura più volte, si
sofferma sulle gambe, sulle braccia, sulla testa, infine sul torace, il
dettaglio che sembra preoccuparla di più. Mi dice di stare tranquilla, ma
all’assistente ordina di telefonare alla mia ginecologa: “Dica alla Gigli di venire subito”. Poi toglie il manipolo con un
sospiro che è come un vetro che cade e si frantuma sul pavimento, e mi chiede
di rivestirmi. Io sono rigida, ho le mani tremanti, ancora aggrappate ai
capelli. Con un foglio di carta assorbente, mi tolgo il gel dalla pancia, ma
quando la copro sento che è ancora umida e gelida. … “Dalla ventesima settimana a oggi, il bambino non è cresciuto come
ci si aspettava. Ci sono delle anomalie preoccupanti che mi fanno pensare a una
forma di displasia scheletrica, ma
non sono in grado di darle una diagnosi.”
“Perché finora non si è
visto niente? Che cosa dobbiamo fare adesso? Qual è la cura?” Riconosco la voce
di Pietro, vicino, da qualche parte. I suoi appelli inquieti, ma ovattati,
distorti. Ho la sensazione di essere rimasta sola nella stanza, e nel mondo,
come quando da bambina giocavo a nascondino e alla fine di una conta mi mettevo
alla caccia dei miei compagni senza riuscire a trovarli. “Ho fatto qualcosa che
non dovevo?” li interrompo, bruscamente, mentre le lacrime mi rigano silenziose
le guance. Li guardo entrambi senza vederli. Poi la faccio, la domanda temuta e
maledetta da ogni madre, tutta d’un fiato, strizzando tra le mani un lembo
bagnato del vestito: “È stata colpa mia?”. ...