lunedì 5 agosto 2013
Le parole d'amore che sono sempre le stesse, prendono sapore dalle labbra di chi le pronuncia.
Agenda letteraria
"Bisogna sempre lasciare accumulare i propri debiti, per poter poi
venire ad una transazione."
Bentrovati
appassionati lettori, siete giunti in tempo per sfogliare insieme la nostra Agenda letteraria, che oggi 5 Agosto,
ci ricorda la nascita di un grande della letteratura francese, Henri-René-Albert-Guy
de Maupassant, meglio noto come Guy de Maupassant, il famoso autore del Bel
Ami, il suo secondo romanzo, un classico delle letteratura europea, dove il
realismo di questo autore, mette in luce la società francese del tempo,
attraverso il suo personaggio principale Georges Duroy, un uomo, che grazie al
suo fascino e alle sue capacità dialettiche, riesce a intraprendere una vera scalata
sociale, rivelando tutti i risvolti della società, con cui il nostro scrittore
non si ritrova, dove a differenza del romanzo del suo amico Flaubert non mostra
i segni di quel romanticismo in voga al tempo, ma si limita a creare un
antieroe, senza scrupoli, un personaggio desiderato dalle donne, ma freddo e
distante, che concede il suo fascino quel tanto che basta per essere, il Bel Ami, di tutte.
Quest’opera, ha
anche stuzzicato i registi sia teatrali che cinematografici, infatti recentemente
è stato realizzato un adattamento cinematografico, diretto da Declan Donnellan
e Nick Ormerod, dal titolo “Bel Ami – Storia di un seduttore”, che
vede nei panni del seduttore il famoso protagonista di Twilight, Robert
Pattinson. Il film, è stato presentato fuori concorso al 62° Festival di
Berlino, riscuotendo un buon successo.
Adesso ci godiamo i versi introduttivi di questo bellissimo classico e ci guardiamo il trailer del film “Bel Ami – Storia di un seduttore”
Dopo aver preso alla cassa il resto della moneta da cento soldi, Georges Duroy uscì dal ristorante. poiché aveva un bel portamento per sua natura e per quella sua posa da ex sottufficiale, s'impennò nella figura, arricciò i baffi con gesto militaresco e consueto, e lanciò sugli avventori attardati un rapido sguardo circolare, uno di quegli sguardi di bel ragazzo che s'allargano come giacchio in mare.
Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com’è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene
Banana Yoshimoto
Pseudonimo
di
Mahoko Yoshimoto, figlia di Takaaki Yoshimoto, noto anche come Ryūmei Yoshimoto, è uno dei più
importanti e famosi filosofi e critici giapponesi degli anni sessanta, e sua
sorella Haruno Yoiko, è una
conosciuta disegnatrice di anime giapponesi. Questa famosa scrittrice, è nata a Tokyo il 24 luglio 1964, si è
laureata al college delle arti della Nihon University con una specializzazione
in letteratura, e durante questo periodo che inizia a usare lo pseudonimo nome
di Banana, perché lo ha trovato, usando le sue parole: "carino" e "intenzionalmente
androgino". Influenzata dai romanzi del grande Stephen King, e da autori
come Truman Capote e Isaac Bashevis Singer, inizia a dedicarsi alla scrittura e
scrive la sua prima opera Kitchen, nel 1987, con cui ha
mostrato un talento sorprendente, in sole 150 pagine, scritte in modo fresco,
proprio come un manga shojo, che le hanno fatto vincere il 6° Newcomer Writers Prize nel 1987, il 16° Izumi Kyoka Literary Prize nel 1988 e l’Umitsubame First Novel Prize nel 1987. un vero successo
editoriale, seguito dalla produzione di due film, il primo è stato prodotto nel
1997 a Hong Kong e si intitola Wo ai chu
fang ovvero Mi piace la cucina, con
la regia di Ho Yim, che ha mantenuto
una certa fedeltà con il romanzo, vincendo il
Puchon International Fantastic Film Festival. Il secondo è una produzione
giapponese, realizzata nel 1989, da Yoshimitsu
Morita, nonostante, un piccolo distacco dal libro, che gli suscita alcune critiche, il film ha successo e vede come protagonisti Kenji
Matsuda, Ayako Kawahara e Isao Hashizume. La Yoshimoto, ha esordito con
‘Kitchen’ a 24 anni, e mostra il suo forte legame con l’Italia, concedendo per
primo al nostro Paese i diritti di traduzione, infatti è in italiano che viene
tradotto per la prima volta Kitchen e non solo, infatti, quasi tutte le sue opere
sono tradotte da Giorgio Amitrano,
Alessandro Giovanni Gerevini e Gala Maria Follaco, per Feltrinelli, che è
il suo editore italiano.
"La nostra natura ci spinge a reggerci in piedi da soli, per quanto disperati possiamo essere."
"Con tutta me stessa avrei voluto fermarmi: smettere di camminare, smettere di vivere. Il pensiero che ci sarebbe stato un domani, e poi un dopodomani, e poi una settimana, non mi era mai sembrato tanto insopportabile. Continuare a vivere nei giorni a venire con quella sensazione di sconforto totale mi ripugnava. Mi era ingrata anche la mia stessa figura che percorreva le strade come quelle di qualsiasi altro passante notturno senza rivelare lo scompiglio che aveva dentro."
Titolo Kitchen
Autore Banana Yoshimoto
Editore Feltrinelli
Collana
Universale Economica
Pagine 150
Prezzo 7,00 ebook 4,99 €
Kitchen, racconta la storia di Mikage, una giovane disadattata, che
dopo la morte della nonna resta completamente sola, è si rifugia nel luogo che
lei ama di più, la cucina, perché è il luogo dove si prepara il pasto che serve
a riunire la famiglia che lei non ha, per questo lei ama cucinare, infatti
studia per diventare chef. Il vuoto della sua solitudine viene ricolmato quando
un giovane di nome Yūichi, legato a sua nonna, bussa alla sua porta e dopo aver
fatto amicizia con lei le chiede di trasferirsi a casa sua, e vivere insieme a
lui e sua madre Eriko, nella loro bella casa, con una cucina nuova e
tecnologica a sua disposizione. Sola e senza mezzi, la ragazza accetta la sua
offerta, e per Mikage, si apre un mondo luminoso e pieno di affetto e risate
che le fanno scoprire il calore di una famiglia che lei non ha mai avuto.
Leggendo questo romanzo, possiamo scoprire una travolgente tragicomicità che risveglia
i nostri sensi, soprattutto quando viene alla luce che la madre del suo amico,
in realtà è suo padre.
Dopo Kitchen, Banana Yoshimoto, ha scritto numerose opere di successo che hanno
aumentato la sua fama, perché presenta ai suoi lettori una scrittura fresca, leggera ma veloce, che allo stesso tempo riesce a coinvolgere, con le emozioni dei suoi
personaggi, regalandoci dei libri da leggere in un battito di ciglia, delle
storie che potrebbero anche diventare un manga come ad es. Kitchen. Questo è il
segreto che ha reso questa autrice una delle più famose scrittrici a livello
internazionale, facendo conoscere e apprezzare la narrativa contemporanea giapponese
anche al di fuori dei suoi confini, con le sue storie come nel caso di questo
primo romanzo, della vita quotidiana che è stata molto apprezzata nel suo Paese
e si è mostrata ancora più attrattiva ai nostri occhi, perché ci mostra una
cultura diversa dalla nostra e soprattutto affascinante come può essere solo quella
giapponese, dove tutto ci appare nuovo e curioso, e questa curiosità credetemi è
una attrattiva irresistibile.
Per voi un piccolo estratto del libro Kitchen e del film di Yoshimitsu Morita, in italiano naturalmente.
...
Ognuno di noi pensa di avere molte strade e di potere scegliere da sé. Ma forse
sarebbe stato più esatto dire che sogna il momento di scegliere. Anche per me è
stato così. Ma ora lo so. Lo so con tanta chiarezza da poterlo mettere in
parole. La strada è sempre decisa, non però in senso fatalistico. Sono il
nostro continuo respirare, gli sguardi, i giorni che si succedono a deciderla
naturalmente.
“Happiness is a cup of coffee and really good book" - Un paese lontano. Un grande amore. Un'amicizia che sfida il tempo.
Caffè letterario
Good morning to
all
Seguendo il consiglio della felicità, oggi ci
godiamo il nostro caffè in compagnia di un buon libro come quello di Barbara
Mutch, che con questo suo romanzo d’esordio, ci regala “la storia di due donne e di un’amicizia che
sfida il tempo e le convenzioni sociali”, dal titolo “La bambina dagli occhi di cielo”,
edito dalla Corbaccio Editore. Quindi prendiamoci un bel caffè insieme a questa
scrittrice di origine inglese, che è cresciuta tra gli affascinanti e
suggestivi scenari del sud dell’Africa, ma ora vive a Londra.
“Un romanzo intenso,
ricco di speranza e amicizia.” TV SORRISI E CANZONI
“Altro esordio fortunato:
pagine avvincenti, tra Lezioni di piano e atmosfere di The Help.” L'UNITA'
“Un romanzo d’esordio
epico e commovente, che scava nella storia e nei sentimenti di due generazioni
di donne che vivono, lottano e amano in un Paese meraviglioso e crudele” FAMIGLIA
CRISTIANA
Titolo La bambina dagli occhi di cielo
Autore Barbara Mutch
Collana Romance
Editore CORBACCIO
Pagine 384
Formato cartonato con sovracoperta
Prezzo 16,40 ebook 11,99 €
La
nostra autrice, con questo libro, ci appassionerà con i meravigliosi scenari africani,
segno che non ha dimenticato i luoghi caldi e del colore del sole, dove è
cresciuta e ci regala una storia coinvolgente dove una giovane donna irlandese
Cathleen, è costretta a vivere l’esperienza dell’emigrazione, per aiutare la
sua famiglia e raggiungere l’uomo che ama e che ormai non vede da cinque anni,
ma ora è giunto il momento di seguirlo nell’assolata terra del cioccolato, l’Africa
un luogo magico e potente ma allo stesso tempo lontano, dai suoi affetti e
dalla sua umida e verde terra, che porterà sempre nel cuore, confidando alle
pagine di un diario le sue emozioni e angosce, che un giorno incontreranno gli occhi
di una bambina, che le mostra come guardare il cielo e perdersi in esso,
donandole una amicizia che supera il tempo e le convenzioni sociali.
Adesso sorseggiamo il nostro caffè e godiamoci questo splendido romanzo, venuto fuori dalla penna di Barbara Much “La bambina dagli occhi di cielo”, emozionante quanto La mia Africa, anche se paragonato al potente film vincitore di un Oscar e campione di incassi, The Help.
Irlanda 1919
Oggi sono partita per l’Africa. Sono uscita
dal portone e ho percorso il vialetto lastricato. I gabbiani stridevano sopra le
scogliere di Bannock e la mia carissima sorella Ada piangeva. Mia madre –
vestita con l’abito marrone che metteva per i matrimoni e i battesimi –
guardava altrove. Ricordati di questo, mi ripetevo mentre salivo sul biroccio
tirato da un pony. Ricordati di questo: i gabbiani che volavano in cerchio, il
battito ritmico delle onde sui ciottoli della baia, le mani di Papà rosse e
screpolate, Eamon che saltellava da un piede all’altro, una zaffata di terra
torbosa e di fumo del caminetto, il profumo di lillà… Ricordati di tutto
questo, tienitelo stretto.
Non era previsto che nascessi a Cradock House.
Non io. Ma mia madre Miriam restò nella kaia sul retro, sotto l’ombra scarna
dell’acacia a ombrello, gemendo sottovoce nella calura di mezzogiorno finché
Madam non tornò da scuola con i bambini e scese in giardino a cercarla. Ormai si
era fatto troppo tardi per andare in ospedale. Il Signor Edward era in casa, a
occuparsi delle sue carte nello studio. Madam lo spedì a chiamare il dottore
nell’ambulatorio Church Street. Era l’ora di pranzo e il dottor Willmott fu
costretto a interrompere il suo pasto. Mia madre mi disse che Madam cacciò i
bambini – Miss Rosemary e il Signorino Phil – dall’unica stanza della kaia e
aiutò Miriam a salire in casa. Lì le tenne la mano e le asciugò la fronte con il proprio fazzoletto, lo stesso che
Miriam aveva stirato il giorno prima. Il dottore arrivò. Il Signor Edward tornò
nello studio. Nacqui io. Era il 1930. Mamma mi chiamò Ada come la sorella
minore di Madam dall’altra parte del mare, in un posto chiamato Irlanda. Credo che
essere nata a Cradock House sia stato per tutta la vita un motivo di
gratitudine per me. Sento di appartenere a quel luogo come invece mia madre
Miriam non ha mai potuto. Le scale strette e i pomelli d’ottone delle porte
conoscono le mie mani e i miei piedi, lo scarno albero di acacia e l’albicocco
mi hanno dentro di sé, io scorro insieme alla loro linfa anno dopo anni. E in
cambio possiedo una piccola parte di loro. Così, quando Cradock House mi è
stata portata via, non sono più riuscita a capire la mia vita. Cradock è
situata nel Karoo, il grande semideserto del Suafrica in cui ci si imbatte ogni
volta che, dalla balza arricciata delle montagne che bordeggiano la costa, ci
si inoltra a sufficienza nell’entroterra. Il Karoo è il luogo desolato che
bisogna attraversare prima di raggiungere Johannesburg, dove si può estrarre
oro dal suolo e diventare ricchi. Ma io non sapevo nulla di tutto questo,
ovviamente. Tutto il mio mondo consisteva in un quadrato, due case di pietra
color panna dal tetto di lamiera rossa in una cittadina circondata di Koppies
rocciose, polvere marrone e niente pioggia. L’unica acqua di cui ero a
conoscenza si trovava nel Groot Vis – il Grande Fiume dei Pesci – che a volte
si muoveva quel tanto che bastava da mettersi a correre in un piccolo canale
fuori dalla casa, da dove poteva essere deviato nel giardino per dar da bere
alle piante. Ai confini della città, dove il sole incontrava la terra, il duro bush del Karoo, che non
superava quasi mai l’altezza di un bambino, se ne stava abbarbicato al suolo
arido. Sopra il bush spuntavano i tronchi avvizziti delle agavi, sormontati dai
loro aguzzi fiori arancioni che si stagliavano come fiamme contro la boscaglia.
C’erano anche degli alberi, come gli eucalipti o le spumeggianti mimose, ma
solo nei giardini privati o lungo le rive deo Groot Vis, dove le radici
potevano affondare nel terreno in cerca di acqua. Quelle rare volte che
pioveva, il rumore era così forte e martellante sul tetto di lamiera che Miss
Rosemary e il Signorino Phil si mettevano a urlare. Anche io e mia madre –
nella kaia in fondo al giardino – avevamo il tetto di lamiera, che però era
grigio e sovrastato di acacia a ombrello. E così il martellio veniva smorzato
in un sibilo. Io non urlavo contro la pioggia, mi limitavo a stare sulla soglia
ad ascoltarla, spingendo lo sguardo verso il veld al di là dello steccato. Quando
mia madre non guardava, allungavo un pied nudo verso i rivoletti che
strisciavano sopra il terreno duro e stavo a guardare l’acqua formare una pozzanghera
e poi lasciarsi assorbire riluttante attorno alle mie dita. Cradock House si
ergeva in Dundas Street, appena sopra il Groot Vis e appena sotto la Piazza del
Mercato. Dundas diventava Bree Street verso la metà. … Al mattino, quando i
bambini erano a scuola e iio ero indaffarate a spolverare il primo piano della
casa, ero solita svignarmela in camera del Signorino Phil e, dopo essermi
arrampicata sulla scatola dei balocchi, sbirciavo fuori dalla finestra. Eccola lì:
Cradock tutta intera – o forse, pensavo, tutto il Karoo – che si estendeva
sotto il sole giallo del mattino come la mappa che il Signor Edward una volta
aveva srotolato sotto la luce gialla della lampada dello studio. … Mentre me ne
stavo lì ad allungare il collo, ogni giorno, mi sembrava che per un unico,
speciale istante la città intera, tutto il Karoo, fossero miei. Da quel
punto,da quella finestra, non appartenevano a nessun altro. Proprio come mi
apparteneva Cradock House. Forse anche Madam provava la stessa cosa nei
confronti di quel posto chiamato Irlanda dall’altra parte del mare, da dove era
venuta. Anche lei guardava fuori dalla finestra come se stesse cercando
qualcosa oltre gli eucalipti e il Groot Vis e la polvere marrone aleggiava
sopra la Piazza del Mercato quando c’erano troppi carretti tirati dai cavlli e
non pioveva per settimane.
A Mamma e Papà non dispiace che io vada in Africa, anzi, in realtà
ne hanno bisogno. Ma non vogliono dirlo apertamente. E io non ne parlo. Potranno
dare in affitto la mia stanza per una somma maggiore di quella che io posso
pagare con il mio stipendio. Eamon ha bisogno di un paio di stivali. Il cappotto
di Ada – quello verde che prima era mio – è tutto consumato. Non ci sono
abbastanza soldi perché io resti qui. Non vedo l’ora di partire, anche se al
contempo ne ho il terrore. Perché so che, una volta arrivata laggiù, non potrò
più tornare indietro. Si tratta di un impegno che durerà tutta la vita. E anche se potrò tenermi in contatto con amici e
famigliari tramite lettere che ci scambieremo, non rivedrò mai più i loro amati
visi né udrò più la loro risata irlandese. Ecco che cosa significa emigrare. …
Quando la rosa è morta, i petali di rosa sono raccolti sul letto dell'amata; quando te ne sarai andata, con il pensiero di te anche l'Amore si addormenterà.
Agenda letteraria
"E alla terra che dorme, attraverso il mio labbro,
tu sia la tromba d'una
profezia! Oh, Vento,
se viene l'Inverno, potrà la
Primavera essere lontana?"
Cari amici, con questi celebri versi tratti dal poema "Ode al vento dell’Ovest", oggi 4 Agosto
la nostra Agenda letteraria ricorda la nascita di uno di più grandi poeti
romantici inglesi, Percy
Bysshe Shelley, compagno e poi marito di Mary
Shelley, la famosa scrittrice diventata famosa per il suo romanzo gotico Frankenstein. Questo cantore di versi,
nonostante la vita, breve, infatti muore annegato a soli trent’anni; disastrata e anticonformista, tanto che ai suoi tempi ha suscitato grande scalpore per le sue idee sulla libertà
sessuale, soprattutto quando, dopo l’abbandono della prima moglie Harriet, che dopo
alcuni anni si è suicidata e dei due figli, decide di fuggire all’estero con Mary,
allora sedicenne. Nonostante Shelley, dai posteri è considerato uno dei massimi
poeti della letteratura inglese del periodo romantico, non è stato molto amato
dai suoi contemporanei perché la sua poesia viene considerata contraddittoria e
visionaria, per le varie ideologie di cui è stata imbevuta, e che sono una
evidente testimonianza non solo del suo ateismo dichiarato, con le sue
concezioni fondamentaliste sull’amore libero e la trasgressione dei principi
morali, che evidenzia nell’opera Laon e Cythna, che
mette in luce un amore incestuoso, o contro il lavoro organizzato e l’istituzione
mercantile e colonialista, come anche il regime. La sua frequenza presso i
circoli letterari, lo avvicinano agli altri famosi poeti romantici, come Byron e Keats, ma anche Peacock,
che ha influenzato la filosofia della sua poetica. Oltre ai poemi l’Ode al
vento dell’Ovest, e la Maschera dell’anarchia, i suoi capolavori sono
considerati i poemi visionari come il Prometeo
liberato, un dramma lirico in versi, ispirato all’opera di Eschilo, che mostra la concezione del nostro cantore, secondo la quale la
forte visione del poeta si riflette per salvare e rigenerare la società.
Come vaghe queste
forme nate dall'aria!
eppure io sento più
vana ogni speranza che non sia amore:
e tu lontana, Asia!
che, quando il mio
essere traboccava
eri come un calice
d'oro per il mio vino lucente,
che sarebbe finito
altrimenti nell'assetata polvere
Dopo questi brevi versi tratti dal Prometeo liberato, vi lascio con i bellissimi versi della poesia Ti amerei, che nel video volano tra le note della colonna sonora del film, La lettera scarlatta.
Ti amerei nel vento
Sotto il cielo terso
in primavera
Tra la dolcezza
delle rose...
Ti amerei nel canto
degli uccelli
All'ombra della
vegetazione
Sulle pietra calda e
nuda
Sotto il solo
bruciante,
Nella frescura
dell'erba
E con il canto degli
insetti..
Ti amerei il giorno
e la notte,
Nella calma e nella
tempesta
Sotto le stelle che
brillano
Sotto la rugiada
della notte
E la mattina
all'alba
Con il sorriso e con
le lacrima,
Ti amerei con tutte
le mie forze...