mercoledì 18 settembre 2013
Fu allora che vidi il Pendolo. La sfera, mobile all'estremità di un lungo filo fissato alla volta del coro, descriveva le sue ampie oscillazioni con isocrona maestà.
Agenda letteraria
Il pendolo di Foucault, ideato all’omonimo fisico francese,
di cui oggi ricorre il 195° anniversario della nascita, è propriamente un
pendolo che viene lasciato libero di oscillare in ogni direzione, per poter
dimostrare la rotazione della Terra in base alla cosiddetta forza di Coriolis,
che si ha quando si è soggetti a un moto circolare che si sviluppa attorno al
sistema iniziale e la velocità dipende dal corpo e ne sono un esempio i cicloni
o i proiettili. Questo strumento di difficile costruzione è costituito da una
sfera di 28 kg sospesa alla cupola del Pantheon di Parigi con un filo lungo 67
m, considerata la resistenza dell'aria che frena l'oscillazione i diversi musei
che ospitano i pendoli incorporano un elettromagnete o altro dispositivo per mantenere
in moto il sistema. Le oscillazioni del pendolo dipendono dalla moto di
rotazione della Terra e la sua velocità varia a seconda della latitudine
terrestre rispetto all’equatore.
In questa occasione dove anche Google ci ricorda questo
importante evento, con un simpatico doodle e noi da bravi letterati, non
potevamo che ricordarlo con il romanzo cult di Umberto Eco, lo scrittore semiotico, che ha immortalato questa
importante invenzione nel suo libro omonimo, pubblicato nel 1988 dalla casa
editrice Bompiani. Un romanzo che ci trascina nel complotto in cui è coinvolto
il protagonista, con un rompicapo esoterico, che vede al centro della matassa il
mitico pendolo, che nasconde un significato simbolico e non scientifico, che ci
cattura nella ragnatela letteraria tessuta in modo impeccabile dal grande
scrittore del misterioso e intricante romanzo vincitore del Premio Strega Il
nome della rosa.
Fu allora che vidi il
Pendolo.
La sfera, mobile all’estremità di un lungo
filo fissato alla volta del coro, descriveva le sue ampie oscillazioni con
isocrona maestà.
lo sapevo – ma chiunque avrebbe dovuto
avvertire nell’incanto di quel placido respiro – che il periodo era regolato
dal rapporto tra la radice quadrata della lunghezza del filo e quel numero π che,
irrazionale alle menti sublunari, per divina ragione lega necessariamente la
circonferenza al diametro di tutti i cerchi possibili – così che il tempo di
quel vagare di una sfera dall’uno all’altro polo era effetto di una arcana
cospirazione tra le più intemporali delle misure, l’unità del punto di
sospensione, la dualità di una astratta dimensione, la natura ternaria di π il
tetragono segreto della radice, la perfezione del cerchio.
Ancora sapevo che sulla verticale del punto di
sospensione, alla base, un dispositivo magnetico, comunicando il suo richiamo a
un cilindro nascosto nel cuore della sfera, garantiva la costanza del moto,
artificio di-sposto a contrastare le resistenze della materia, ma che non si
opponeva alla legge del Pendolo, anzi le permetteva di manifestarsi, perché nel
vuoto qualsiasi punto materiale pesante, sospeso all’estremità di un filo
inestensibile e senza peso, che non subisse la resistenza dell’aria, e non
facesse attrito col suo punto d’appoggio, avrebbe oscillato in modo regolare
per l’eternità.