lunedì 4 novembre 2013
Socchiuse gli occhi e mi studiò con attenzione, con una tale intensità da farmi venire i brividi. La sua espressione era di solito triste e confusa, ma in quel momento vidi tutt’altri sentimenti nel suo sguardo. Ansia e paura. "Hai delle alternative" bisbigliò rauca. "Ma accettare il tuo destino è quella più sicura." Il bacio della morte
Recensione
Ben ritrovati appassionati lettori, mi ritrovo di nuovo a
riaggiornare le mie letture e a lasciare la mia recensione su un’altro Urban
Fantasy che ha attirato la mia attenzione e di cui vi avevo già accennato. Parlo
del libro di Marta Palazzesi, Il bacio della morte, il
primo volume della saga “La casa dei
Demoni”. Di questa saga, è stato pubblicato il 9
Ottobre, il secondo volume che si intitola “Il
sogno dell’incubo” e contiene anche il prequel del primo volume “Il marchio di Damian”.
Questo romanzo è
stata una scoperta postuma, infatti nonostante è uscito nel mese di Gennaio, ho affrontato la sua lettura solo recentemente e tengo a precisare che non ho letto l’Accademia
dei Vampiri di Richelle Mead,
che a quanto pare molti lettori, hanno notato delle similitudini tra i due romanzi. Presto
rimedierò alla mia mancanza, ma intanto vi rilascio il mio giudizio come
lettrice.
Allora, cosa penso di
questo romanzo?
Beh! a prescindere
dal genere io penso che un libro per essere considerato un bel libro deve
almeno appassionare il lettore, altrimenti diventa un bell’oggetto
d’arredamento. Se ti spinge alla rilettura automatica, diventa un buon libro,
perché vuol dire che oltre a essere bello, ha lasciato una traccia che
istintivamente andiamo a ricercare.
Questa giovane
autrice, nonostante questo è il suo primo libro, ha dimostrato subito i suoi
colori da scrittrice, infatti il suo talento viene messo in chiaro nel momento
in cui è stata in grado di catturare il lettore con la sua scrittura, che
scorre limpida e fresca come l’acqua di un ruscello a primavera. Questa storia
che si sviluppa sullo scenario di una scuola speciale, chiamata Palazzo, situato
nella suggestiva Romania, celata agli occhi dei comuni mortali, un po’ come la
mitica scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Marta Palazzesi, dimostra di
possedere l’abilità di un bravo marionettista, che con destrezza riesce a
muovere i fili che legano i suoi personaggi e allo stesso tempo a incantare il
lettore nella sua narrazione.
La trama e i
personaggi che ha costruito mostrano dei risvolti nuovi rispetto ai soliti
canoni, infatti non ci troviamo davanti a personaggi da classiche leggende
metropolitane come vampiri, licantropi o le classiche battaglie tra bene e
male, popolate da angeli e demoni e ciò le concede un punto a suo favore. A
popolare questa saga sono i demoni e i semi demoni, nati dall’unione con gli
umani. Tra le varie specie di demoni, i protagonisti sono i cacciatori, che tra
virgolette sono schierati dalla parte del bene infatti, proteggono gli umani dai
sanguinari demoni Azura, che popolano il sottosuolo. Questi demoni dalle
fattezze umane, hanno dei poteri particolari che li contraddistinguono e si
suddividono in varie categorie, gli incubi, sono dei demoni che hanno il potere
di entrare nella mente e comandare i sogni. I succubi, sono dei demoni che si
nutrono e traggono forza dalla vita degli esseri umani e ciò gli rende come dei
parassiti. I personaggi principali sono Thea, una giovane cacciatrice che
ormai al suo ultimo anno di preparazione, sta per iniziare a combattere gli
Azura. Figlia di un Incubo e di una umana, ha il potere di entrare nella mente
e creare incubi. Mostra il tipico carattere che una vera eroina deve avere,
forte, coraggiosa, determinata e ribelle. Al suo fianco si muovono gli amici,
Serena,
la figlia del rettore del Palazzo, Came e Shane. A emozionare la
storia insieme a Thea è il misterioso e tenebroso Damian, di cui si
sconosce la provenienza e i poteri. Di Damian e delle sue oscure origini si
parla, nel prequel “Il marchio di Damian”, che narra le sue vicende prima dell’arrivo
al Palazzo, quando si unisce ai cacciatori nell’implacabile lotta contro coloro
che considera i suoi temibili nemici.
Bella domanda. Per scoprirlo bisogna assolutamente leggere il prequel, e così vediamo come nella triste e solitaria infanzia di Damian tra gli umani, sia finito a vivere nel mondo sotterraneo con i temibili demoni Azura e crescendo i suoi potenti poteri, lo hanno fatto diventare un dei seguaci del loro re, tanto da essere stato marchiato come uno di loro, nonostante sia figlio di un umano e di una demone succube. La morte di coloro che desiderava proteggere ricevendo anche il marchio, spinge Damian a ribellarsi e a combatterli.
Il titolo lo trovo azzeccato. La spiegazione diventa chiara dopo aver letto anche il prequel, che rivela perché un bacio di Damian può essere mortale. Il nostro bel tenebroso infatti, come mezzo succubo, ha ricevuto anche il potere della madre è
può assorbire l’energia vitale degli esseri umani, ma a differenza di lei, non
dipende da questo per sopravvivere. Come potrebbe non essere mortale un suo
bacio?
Secondo me, è questo che ha portato la nostra autrice a scegliere questo titolo.
Come in ogni Urban fantasy che si rispetti gli ingredienti
ci sono tutti: protagonisti sovrannaturali, una ribelle combattente e un
misterioso tenebroso da cui tutto ci si aspetta e un amore pieno di ostacoli in
vista. Definirei questo romanzo come un’introduzione alla storia vera e propria
che secondo i presupposti dovrebbe svilupparsi appieno già dal secondo libro,
infatti sono Thea e Damian a introdurre quello che si prospetta un intricante e
avvincente seguito per questo primo volume. Non avendo letto l’Accademia dei
vampiri, non posso pronunciarmi su una valutazione negativa, inoltre se fosse
un brutta copia di questo romanzo non credo proprio che la rispettata casa
editrice Giunti, si sarebbe impegnata di propria iniziativa a voler pubblicare
questo romanzo, andrebbe contro i propri interessi, che non sono pochi. Infatti, come ha confermato con suo grande stupore la stessa autrice è stata proprio la
Giunti a contattarla e proporle il contratto. Senza ombra di dubbio un’occasione
imperdibile per qualsiasi scrittore e senza talento ciò è impossibile.
Consigliato?
Sicuramente si. Godetevi questa piacevole storia che come ho già detto
considero un’ introduzione e poi non mancate il seguito, che personalmente mi
aspetta a braccia aperte, per sapere cosa combinerà questa imprevedibile eroina.
Quali sono i suoi veri sentimenti verso il misterioso Damian? Alla fine lo
seguirà nel mondo sotterraneo? Come reagirà quando scoprirà chi è in realtà? E perché
il fantasma della madre di Serena la sua cara amica la segue con la vecchia
foto della figlia? Questo mistero sarà legato ai continui tentativi da parte degli
Azura di rapire Serena o era realmente per Damian? Interrogativi che mi aspetto
di risolvere man mano che leggerò questa saga. Altrimenti.... Mah! No...! sono sicura
che la nostra Marta saprà regalarci una saga davvero emozionante.
Un pensiero, un caffè, un dolce sorriso e... un travolgente romance per te. Perché? Sta per iniziare...
Caffè letterario
Buongiorno!
Amici in lettura, visto che
in questi giorni vi ho un po’ trascurato, è giunto il momento di coccolarvi un
pochino, così eccomi qui con un dolce caffè e delle fresche pagine piene di una
travolgente storia d’amore per darvi il giusto tono per affrontare una nuova
giornata.
Un libro si sa, non va giudicato dalla copertina, ma come Twilight,
ad attirare la mia attenzione su questo romanzo pubblicato questo giugno dalla
Sperling & Kupfer è stata la sua copertina, che mi ha conquistato per la
delicata e pura bellezza eterea di questa fanciulla dormiente vestita di quel
blu che come i fiordalisi, risalta i suoi tratti nordici, come la sua
scrittrice, Simona Ahrnstedt, che direttamente dalla Svezia, la patria del
prestigioso Premio Nobel, mi ha travolto con questo romance, dai toni accesi.
Ma chi è questa
nordica scrittrice?
Simona
Ahrnstedt è nata a
Stoccolma, si è laureata in psicologia e oltre a scrivere romanzi, lavora come
terapista. Ha collaborato con diverse riviste, occupandosi di scrivere articoli
sulle relazioni tra uomini e donne. Il suo primo romanzo è stato Ritratto di donna
in
cremisi, che ha ottenuto un enorme successo di pubblico e di
critica in Svezia, dove ha inaugurato un genere per poi farsi conoscere anche
sul mercato letterario internazionale
He! He! Una specialista in relazioni tra coppie, per
coinvolgerci in questo intrigo amoroso, che sotto lo scenario di una storica
Svezia del 1349, ci racconta di un travolgete amore, nato per un fatale ma
destinato errore, perché Illiana, una giovane fanciulla, pura e fresca come la
rugiada del primo mattino, è destinata nonostante il matrimonio già combinato
dai suoi genitori a incontrare Markus, un vero e proprio cavaliere nero, che
sembra uscito dalle tremolanti storie raccontate al focolare. E come un libro
non va giudicato solo dalla copertina, ma dal suo contenuto, anche Markus non è
quello che sembra e quando Illiana scopre il suo vero volto, l’amore per colui
che si è distinto solo per la sua ferocia nelle battaglia è travolgente come un
fiume in piena, ma il gelido vento del nord soffia forte e impetuoso contro
questo amore. Riuscirà Illiana con la sua bellezza semplice e delicata come i
fiordalisi, a farsi amare e a liberare l’indomito cavaliere dalla gelida
armatura che protegge il suo cuore?
Tra battaglie,
intrighi, e forti passioni, scopriamo come andrà a finire la storia d’amore tra
il temuto cavaliere Markus e la delicata e innocente Illiana, iniziando da
questo assaggio da goderci insieme al nostro caffè.
Östergötland, maggio 1349, giorno
dell’Ascensione
ILLIANA Henriksdotter conosceva bene la
verità. Non aveva molti pretendenti tra cui scegliere.
Abbassò lo sguardo sulle mani che stranamente
riposavano immobili in grembo. Malgrado se le fosse lavate nel secchio, le
unghie recavano ancora tracce di terra, così cercò con discrezione di rimuovere
i residui. Aveva trascorso l’intera mattina inginocchiata nell’orto. Ormai la
natura era in fiore: le erbe medicinali, le piante aromatiche e i teneri
ortaggi spuntavano, germogliavano e crescevano, e per lei quello era il periodo
più impegnativo. In quel momento, poi, pensava che avrebbe di gran lunga
preferito concentrarsi sulle sue faccende. È inutile stare a girarci intorno,
il fatto è che... “Nessun altro vorrà sposarla comunque», sentenziò sua madre con voce
alta e aspra. Ecco! Anche se era giunta lei stessa a quella conclusione, faceva
male sentirlo dire apertamente. In poche parole, era una ragazza «impossibile
da accasare”. La madre, Rikissa, continuò: “Tanto vale accettare la proposta di Axel. Prima che diventi troppo
vecchia. Axel è sempre meglio di niente”. Abbozzò una smorfia
d’insoddisfazione che sembrava dire: Meglio di niente, ma non di molto. ...
Illiana rimase in attesa. Era suo padre che prendeva le decisioni nella tenuta,
ma lei sapeva che dipendeva completamente dalle opinioni e dai consigli della
bella moglie. Lei era intelligente. Lui solo privo di scrupoli. “Annunceremo il fidanzamento durante la cena
di questa sera”, stabilì Rikissa, e in risposta il padre abbozzò un cenno
d’assenso. “Meglio approfittare della proposta”, continuò la donna. “Tutti i suoi pretendenti sembrano colpiti
da un maleficio.” Illiana, purtroppo, sapeva che era vero. Il suo primo
promesso sposo era morto alla vigilia del matrimonio. Nessuna stranezza, solo
sfortuna: era caduto, si era ferito e non ce l’aveva fatta. Il secondo si era
ammalato e aveva lasciato questo mondo a poche settimane dalle nozze. Entrambi
erano ragazzi giovani, figli di amici del padre, ma Illiana non li aveva mai
conosciuti e, quindi, non li aveva pianti. In seguito nessun altro si era fatto
avanti. Aveva compiuto quindici, sedici e diciassette anni senza che nessuna
famiglia si risolvesse ad accoglierla come nuora. Non c’erano state voci
esplicite, ma lei era convinta che la considerassero una che portava sfortuna.
E sospettava pure che l’abilità con le erbe non avesse migliorato la sua
reputazione. Indugiò sull’innocente macchiolina e pensò alle piante di
prezzemolo e basilico. Conosceva anche le erbe velenose, ovviamente, però le
evitava: non ne aveva alcun bisogno e sapeva – lo sapeva con fermezza – che non
avrebbe mai potuto attentare alla vita di chiunque. Tuttavia, dato che i suoi
promessi sposi si ostinavano a morire, sul suo conto erano incominciate a
fiorire voci e dicerie. Non che l’avessero accusata di niente, comunque.
Dopotutto non suscitava un grande interesse nelle persone. Sospirò. Se pensava
a tutte le delusioni che aveva dato a sua madre, questa era senza dubbio la più
grande. E nessuno sapeva essere deluso quanto Rikissa. Il padre scosse la testa
grigia e le rivolse un’ultima occhiata infastidita. “Dovrò parlare ad Axel della dote.” Dunque era deciso: sarebbe
andata in sposa ad Axel il contadino. ... Lei non era né un’erba profumata né
un fiore grazioso e delicato. Fu Axel a farglielo capire, a definire con
precisione ciò che aveva sempre sospettato. Lei era buona, piena di risorse e
spesso sporca di terra. In poche parole, era una rapa. ... In un villaggio vicino, lo stesso giorno MARKUS Järv, cavaliere svedese e braccio
destro di re Magnus Eriksson, si dondolò sulla sedia facendola scricchiolare.
La coppa davanti a lui era vuota. Era sghemba e fabbricata malamente, proprio
come la logora seggiola. Si guardò attorno. Ogni cosa lì dentro sembrava opera
del medesimo artigiano incapace. Era tutto grezzo, brutto e scomodo. Non che
gliene importasse, comunque. Aveva visto di peggio. Tornò a terra con un tonfo
e attese che qualcuno o qualcosa spezzasse il silenzio, ma non accadde nulla.
Meditò se fosse il caso di chiamare la moglie del fattore che era scomparsa
dopo averlo servito. Forse lei e gli altri avevano finito la birra. Possibile,
ma improbabile. Stavano alla larga perché avevano paura. Nello stesso istante
in cui lui e i suoi uomini avevano messo piede nel villaggio sui loro cavalli,
la notizia del loro arrivo si era diffusa come un fulmine. I volti erano
sbiancati, i bambini erano stati tirati dentro casa e le porte sprangate. La cosa in sé
non era preoccupante, anzi. Possedere la fama di portatore di sventura e
crudeltà presentava parecchi vantaggi. Le persone, per esempio, quando avevano la
mente invasa dal terrore, tendevano a dargli ciò che lui voleva più rapidamente
e senza sollevare proteste. A volte però era oltremodo disagevole. Uno dei
nuovi soldati entrò nella stanza. Era un giovane allampanato che gli era stato
rifilato dal re in persona quella mattina stessa prima che si separassero; uno
di quei paggi che si aspettavano che addestrasse, educasse e tenesse in vita
finché diventavano grandi abbastanza da morire con le proprie mani. ... “Mi avete chiamato?” continuò il giovane
con voce zelante e incerta insieme. ... “Ti
ricordi la donna che abbiamo visto poco fa?” gli chiese ora Markus. L’aveva
notata fuori da un edificio grigio. A differenza degli altri abitanti del
villaggio, non aveva abbassato gli occhi al loro arrivo e, invece di farsi la
croce per proteggersi da quei forestieri vestiti di nero, li aveva seguiti con
uno sguardo interessato e un sorrisino, giocherellando con un dito attorno al
collo della veste. Era difficile fraintendere quel messaggio. Markus aveva
fermato il cavallo e soppesato l’invito. Era strano, ma molte donne erano grate
per tutto ciò che spezzasse la tristezza e la monotonia della loro
quotidianità, anche se – o forse soprattutto se – l’interruzione giungeva sotto
le sembianze di un famoso cavaliere. Markus aveva seguito con lo sguardo le
linee formose e aveva pensato che, dopotutto, avrebbero potuto sostare in quel
posto, per la notte. Non stava con una donna da molto tempo, da quando era
tornato dalla Russia. All’aspetto pareva una vedova e a lui piacevano le
vedove: decidevano della loro vita e non erano complicate.
“Non ho visto nessuna donna. Avrei dovuto?” Markus fece una smorfia. Quel
disgraziato non vedeva e non si accorgeva mai di niente. Era un miracolo che
fosse ancora vivo. “Capelli biondi”, gli spiegò. “Bocca
grande, vestiti grigi. Disponibile. Portamela qui.” “Ma che cosa le dico?” “Che ti ho mandato io”, rispose Markus
allungando le gambe sotto il tavolo. “Che
ti ha mandato Järv.” IL cielo sopra Illiana era di un blu profondo. Alti
abeti e alberi dalla chioma brillante circondavano il lago e si aprivano in un
cerchio verde che si innalzava verso la volta celeste. Illiana galleggiava
sulla schiena, al centro dello specchio d’acqua. L’acqua non era della
temperatura ideale per fare il bagno, eppure lei voleva trattenervisi un altro
po’, perché c’era qualcosa in quel freddo glaciale che la tranquillizzava. Ogni
volta che si muoveva l’acqua gelida turbinava su di lei ricoprendo la pelle che
era riuscita a scaldare al sole, così cercava di fluttuare restando il più
ferma possibile. Quando reclinò lentamente il capo all’indietro i seni si
sollevarono oltre la superficie dell’acqua, facendola rabbrividire. Chiuse gli
occhi e si lasciò sopraffare dai sensi. L’aria odorava di bosco e di estate.
Un’anatra selvatica era scivolata tra i giunchi con i suoi piccoli, provocando
un fruscio, ma per il resto non si udivano altri uccelli, gli insetti tacevano
e le foglie erano immote. A eccezione di qualche pesce curioso, attorno a lei
c’erano solo l’acqua cupa e fredda, il bosco silenzioso e una debole brezza.
Svuotò la mente e si lasciò trasportare dall’acqua
n tutti gli anni che
si era spinta sin lì per immergersi, non aveva mai incontrato anima viva. Gli
abitanti del villaggio, situato poco distante dal podere, non vi si recavano
mai e nessuno dei famigliari condivideva il suo amore per i bagni. La maggior
parte di loro non sapeva nemmeno nuotare. Lo frequentavano solo alcuni animali
che andavano lì ad abbeverarsi e gli stormi di anatre che vi tornavano anno dopo
anno. Per il resto quel lago era soltanto suo. All’ennesimo schianto il bosco attorno a
lei divenne di colpo un luogo minaccioso. Tentando di proteggersi, Illiana si
strinse al petto i vestiti che non aveva fatto in tempo a infilarsi e si
ritrovò davanti un ragazzo che si fermò di botto e la fissò. Era madido di
sudore e sembrava nervoso. “Chi siete?”
chiese Illiana ostentando una sicurezza che non provava.
Indietreggiò
sull’erba scivolosa mentre quello avanzava di un passo e faceva un cenno
impaziente. “Il mio signore ti prega...
vi prega di seguirmi”, proclamò. “Per
favore, sbrigatevi, sono già in ritardo. Mi sono perso. Mi perdo sempre. Ora
venite. Affrettatevi.” Illiana non
avrebbe potuto indietreggiare oltre, i cespugli e il sottobosco glielo impedivano,
e il giovane le sbarrava il sentiero. “Ha
detto che eravate disponibile. Per favore, non fate storie. Non so cosa mi farà
se tornerò a mani vuote. È già irritato per qualche altro motivo.” Si passò
una mano sulla fronte e inciampò su un ramo. “È sempre irritato.” “Io non faccio storie”, osservò Illiana
con la voce più calma che trovò. Nel frattempo si fece coraggio. Aveva una sola
possibilità. Veloce come un fulmine, girò su se stessa e sparì tra la
vegetazione, ma subito udì lo sconosciuto imprecare e rincorrerla. In men che
non si dica il giovane l’agguantò per i capelli e la tirò indietro con forza.
Illiana gridò, ma qualcosa calò sulla sua testa. D’un tratto divenne tutto nero
e asfissiante e le sembrò di soffocare. Cercò di nuovo di strillare, ma lo
spesso tessuto le venne premuto su naso e bocca. Poco dopo Philippe spalancò la
porta dell’abitazione con un fracasso terribile. Il ragazzo avanzò di un altro
passo e con un’espressione soddisfatta fece scivolare il fagotto a terra. ... “E questa che cos’è?” chiese Markus
cambiando posizione e lasciando che la luce cadesse sui ricami della sua veste.
Vedendo lo stemma che simboleggiava il suo cognome – Järv, il ghiottone –, alla
giovane mancò il respiro. Bene, ora sapeva chi aveva davanti. ... Philippe si
protese verso di lei, facendola trasalire, e sollevò una ciocca di capelli
biondi verso il suo signore. “Capelli
biondi, proprio come avevate detto», sottolineò il ragazzo. “Ero sicuro che fosse lei.” Deglutì. ...
“Chi sei?” le domandò ruotandole verso
l’alto il palmo della mano. Tracce di terra sotto le unghie, ma per il resto la
pelle era morbida e curata. Non si trattava di una sguattera e lo sguardo era
troppo lucido per appartenere a una pazza. ... “Illiana Henriksdotter”, si affrettò infine a rispondere. Dunque
non era una spia, proprio come aveva ipotizzato. “Dovresti tornare a casa”, osservò lui. Lei inarcò le sopracciglia,
più scure dei capelli biondi. “Sì, ci ho
pensato anch’io”, replicò seccamente. “Sei
libera”, soggiunse Markus con un gesto di commiato. Non aveva intenzione di
ostacolarla. “Davvero?” “A meno
che tu voglia restare, si capisce”, ribatté lui, perché la trovava così
desiderabile e lui era talmente a digiuno... Non li capiva davvero i monaci,
che vivevano nel celibato. “Potreste
offrirmi il mantello”, gli propose lei. “Potrei.”
Ma poiché non si mosse di un passo, Illiana gli lanciò un’occhiata truce e
Markus sorrise tra sé. Era piccola come un topolino, ma aveva un carattere di
ferro e non sembrava affatto scossa. Decise che l’avrebbe lasciata andare. A un
tratto, però, Illiana vacillò. Fu questione di un attimo, lei riuscì a
sorreggersi all’unica sedia nella stanza, ma Markus notò comunque il suo
smarrimento. E si rese conto che forse era più sconvolta di quanto avesse
creduto all’inizio. Dopotutto era solo una donna molto giovane che era stata
rapita, per giunta senza vestiti. ... Mentre si trovava di fronte a lui, nuda e
disorientata, e aveva visto il ghiottone ricamato sul suo petto, si era
convinta che fosse giunta la sua ora, che l’avrebbe stuprata e fatta a pezzi.
Era ancora molto turbata, tuttavia... Si torse sotto il mantello pesante e
ruvido che le pizzicava la pelle. Più passava il tempo e più le sembrava che
quell’uomo non avesse intenzione di violarla o ucciderla. Il sole splendeva
sempre più vicino alle cime degli alberi e questo le ricordò di quanto si fosse
fatto tardi: di lì a poco le campane avrebbero annunciato la funzione serale e
lei mancava da casa da troppo tempo. Ormai dovevano chiedersi che fine avesse
fatto. Cercò di tenere a bada il terrore. Osava a malapena pensare a cosa
avrebbe detto la sua famiglia di quella faccenda. ...
Come se la caverà la povera Illiana e cosa succederà con
Markus? Lasciatevi conquistare da questa attraente storia e spero che queste pagine
abbiano esaltato il gusto del vostro caffè, come hanno fatto con me.