lunedì 27 gennaio 2014
"Noi sopravvissuti alla Shoah siamo inchiodati: vorremmo liberarci dal peso insopportabile di ciò che è stato e invece siamo costretti a riviverlo ogni volta. Delegati a testimoniare da chi avrebbe avuto il dovere di evitarcelo: quest'Europa che cancella i suoi sensi di colpa per lo sterminio degli ebrei non parlandone, e scaricando su noi vittime la responsabilità e il dolore della memoria. Una vera follia". Edith Bruck
Giorno della memoria
Benvenuti tra le mie pagine,
miei carissimi lettori, che oggi ricordano un giorno indimenticabile, il 27 Gennaio, il Giorno della memoria. Un
giorno, per ricordare ciò che non va MAI dimenticato, la Shoah, lo sterminio
del popolo ebraico.
Il 27 Gennaio 1945, è il giorno in cui le truppe
sovietiche dell’Armata Rossa, aprono le porte dei cancelli del luogo emblema
della vergogna e della indelebile macchia dell’umanità, il campo di
concentramento di Auschwitz. I pochi
superstiti, sono la testimonianza vivente del grande odio e dell’orrore del
genocidio nazista. “Nessuna lingua comprensibile o
gesto può dare una giustificazione a una simile perfidia e tanta depravata
violenza ”. Una così grave violazione dell’umana natura, perpetrata da esseri
umani verso altri esseri umani è inconcepibile. In questi termini, com’è
possibile parlare d’inumanità, se alla fine è l’essere umano stesso ad aver
commesso simili atrocità, dimostrando di detestare la sua stessa natura. Cosa
siamo noi realmente, qual è la nostra reale natura?...
Sono tantissime le pagine
scritte per questo giorno, tantissimi libri per non dimenticare e come ha
scritto Norberto Bobbio:
"Il
primo insegnamento che si può trarre da questi libri è che non bisogna dimenticare. Il secondo, che bisogna
ricordare non per giudicare, ma prima di tutto per apprendere e capire."
Per onorare la memoria di chi è scomparso in questo modo così brutale e
insensato, per chi è stato testimone, sopravvissuto con una inguaribile
ferita nel cuore e per chi è caduto durante la liberazione da questo
massacro e per noi, per non DIMENTICARE,
oggi tra queste mie pagine riporterò i passi di alcune opere che sono diventate
un emblema della nostra letteratura, quelle di PRIMO LEVI, un sopravvissuto alla deportazione nel campo di
concentramento di Monowitz - lager
satellite del complesso di Auschwitz e sede dell'impianto Buna-Werke proprietà
della I.G. Farben, dove il suo nome è stato 174517.
Primo Levi, come sappiamo è
stato deportato nel 1943, quando è stato catturato dai nazifascisti. Lui è un
sopravvissuto, un testimone della brutalità umana e ha dedicato la sua vita e
la sua penna, a ricordare ciò che non va dimenticato. Una delle sue opere più
importanti oltre La tregua, è Se questo è un uomo, un romanzo, che rappresenta la sua testimonianza
scritta
tra il dicembre 1945 e conclusa nel gennaio 1947. Il titolo, è stato ispirato dall'antica
preghiera dello Shemà e nel romanzo, il nostro autore, riporta i versi, che ne chiariscono
il significato:
“Considerate
se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no”
[Campo
di internamento Fossoli (Modena)] ...Il giorno 20 febbraio i tedeschi avevano ispezionato
il campo con cura, avevano fatte pubbliche e vivaci rimostranze al commissario
italiano per la difettosa organizzazione del servizio di cucina e per lo scarso
quantitativo della legna distribuita per il riscaldamento; avevano perfino
detto che presto un’infermeria avrebbe dovuto entrare in efficienza. Ma il mattino
del 21 si seppe che l’indomani gli ebrei sarebbero partiti. Tutti: nessuna
eccezione. Anche i bambini, anche i vecchi, anche i malati. Per dove, non si
sapeva. Prepararsi per quindici giorni di viaggio. Per ognuno che fosse mancato
all’appello, dieci sarebbero stati fucilati...
Illustrazione di Emanuele Fucecchi
...Con la assurda
precisione a cui avremmo più tardi dovuto abituarci, i tedeschi fecero
l’appello. Alla fine, Wieviel Stück? domandò il maresciallo; e il caporale
salutò di scatto, e rispose che i «pezzi» erano seicentocinquanta, e che tutto
era in ordine; allora ci caricarono sui torpedoni e ci portarono alla stazione
di Carpi. Qui ci attendeva il treno e la scorta per il viaggio. Qui ricevemmo i
primi colpi: e la cosa fu così nuova e insensata che non provammo dolore, nel
corpo né nell’anima. Soltanto uno stupore profondo: come si può percuotere un uomo
senza collera (parla di violenza inutile)... Sono stati proprio i disagi,
le percosse, il freddo, la sete, che ci hanno tenuti a galla sul vuoto di una
disperazione
senza fondo, durante il viaggio e dopo. Non già la volontà di vivere, né una
cosciente rassegnazione: ché pochi sono gli uomini capaci di questo, e noi non
eravamo che un comune campione di umanità... Fra le quarantacinque persone del
mio vagone, quattro soltanto hanno rivisto le loro case; e fu di gran lunga il
vagone più fortunato . Soffrivamo per la sete e il freddo: a tutte le fermate
chiedevamo acqua a gran voce, o almeno un pugno di[24] neve, ma raramente fummo
uditi; i soldati della scorta allontanavano chi tentava di avvicinarsi al
convoglio. Due
giovani madri, coi figli ancora al seno, gemevano notte e giorno implorando acqua
. Meno tormentose erano per tutti la fame, la fatica e l’insonnia, rese meno
penose dalla tensione dei nervi: male notti erano incubi senza fine...
Vi
riporto un video dove Levi ritorna a Auschwitz e un articolo-intervista del giugno del 1982, realizzata da Enzo
Biagi, al nostro scrittore-testimone: “Come nascono
i lager? Facendo finta di nulla”
Dopo questa viva testimonianza, voglio riportare le
parole introduttive lasciate dalla giovane scrittrice Dami Jissed Vertiz Lozano
nel libro: “Le ceneri dell’esistenza”, che ha ricevuto il titolo di libro + bello del
2013, tra quelli letti da "la bacheca dei libri". Perché questo romanzo,
non è solo la classica love-story, ma racchiude qualcosa di più profondo, una importante pagina che documenta le
sofferenze patite da chi ha vissuto quell’inferno. Infatti, non è un caso
che questo libro sia rimasto indelebile nella mia memoria.
...Riuscivo
a trattenere quel senso di depressione incombente dentro di me, quel posto mi
distruggeva, ogni giorno mi sentivo più debole. Non ce la facevo a stare per
ore e ore in piedi, passavo delle notti gelide. Il nostro capannone si svuotava
settimana dopo settimana. Venivamo estratte come numeri della lotteria. Tutte coloro
che venivano scelte per “la doccia”, non tornavano. Ogni volta che ci portavano
in quella stanza spartana con i tubi argentati sul soffitto, sudavo freddo. Stringevo
il mio pancino pregando Dio che non fosse l’ultima doccia... tratto
da “Le ceneri dell’esistenza”
Nota
dell’autore: L’amore, una parola minuscola eppure giustificazione
dei fatti più bui della storia. Cosa si cela davvero dietro questa parola così
misteriosa? Grandi filosofi e scienziati hanno studiato approfonditamente
questo sentimento così controverso ed incoerente, capace di farci perdere ogni
briciolo di razionalità. L’amore, quello folle, può essere anche distruttivo,
oscuro, privo di umanità, di solidarietà verso gli altri. Può renderci macchine
da guerra, pronte a tutto per un ideale. Perché si può amare
incondizionatamente un’idea. La storia è piena di questi episodi, ripetuti
continuamente, e senza alcun rimorso. L’amore è anche madre dell’odio, così
opposto da sfiorarsi con l’antagonista stesso. Il passato non dovrebbe essere
mai dimenticato. Si parla solo di cifre, nel complesso, nessuno parla, mai dei
milioni di cuori infranti affogati nel pianto o nel dolore della perdita di una
persona cara, per ragioni, a volte prive di fondamenta. Quanti madri, padri,
mogli, mariti, fratelli, sorelle, figli e via dicendo non hanno più rivisto la
persona amata? Quanta sofferenza hanno dovuto passare? Di questo non si
proferisce mai sillaba. Si dovrebbe incidere su un muro ogni evento accaduto,
ma non basterebbe nemmeno il vecchio muro di Berlino per tutti gli orrori che
hanno vissuto i nostri antenati e tante altre persone in altri paesi. Credo
personalmente che sia fondamentale pensare sempre con la propria testa e non
farsi trascinare dalle continue correnti moderne che a volte celano tanto
dolore per il prossimo. Dovremmo semplicemente rispettarci gli uni con gli
altri. E vivere l’amore, sano, quello per sé stessi e per il prossimo, per
evitare che molti eventi come l’olocausto, i genocidi ed i massacri che
tutt’ora avvengano, continuino ad accadere. Per questo invito tutti, io per prima
a non dimenticare il passato per vivere un futuro più cosciente. Dami Jissed Vertiz Lozano
Dopo
le sincere parole della nostra giovane scrittrice, vi lascio con quelle celebri
della ottimista Anna Frank, tratte
dal suo Diario.
"Ecco
cos’è difficile in quest’epoca: gli ideali, i sogni e le belle aspettative non
fanno neppure in tempo a nascere che già vengono colpiti e completamente
devastati dalla realtà più crudele. È molto strano che io non abbia abbandonato tutti
i miei sogni perché sembrano assurdi e irrealizzabili. Invece me li tengo
stretti, nonostante tutto, perché credo tuttora all’intima bontà dell’uomo. "
SUPER BIG NEWS!!! Ecco i DUE vincitori EX AEQUO del Premio BAGUTTA
Benvenuti tra la mie pagine.
Ieri 26 Gennaio, ultima Domenica di questo
mese, come da tradizione, è avvenuta nel
corso di una cena alla storica trattoria/ ristorante Bagutta
a Milano, la premiazione dell’87sima edizione del 1° premio letterario
italiano, nato come sapete nel 1927. Quest’anno, la GIURIA, presieduta da
Isabella Bossi Fedrigotti e composta da Stefano Agosti, Rosellina Archinto,
Silvia Ballestra, Eva Cantarella, Pietro Cheli, Elio Franzini, Umberto
Galimberti, Piero Gelli, Andrea Kerbaker, Giovanni Orelli, Ranieri Polese,
Elena Pontiggia, Enzo Restagno, Mario Santagostini e Orio Vergani, si è lasciata
incantare dal fascino della poesia, che ritorna a essere premiata.
I vincitori del 2014,
sono due, EX AEQUO Maurizio Cucchi e
Valerio Magrelli.
La poesia di Maurizio
Cucchi, viene premiata con la sua ultima raccolta “Malaspina”, un’opera divisa in cinque sezioni in cui l’autore
ripercorre la sua vita milanese. Una vera passeggiata lungo le vie e i percorsi
storici della storica città, che sono state un riflesso della sua vita, infatti
si possono vedere le trasformazioni e i cambiamenti di questa importante città.
Una poesia nuova, con tralci di storia e di conoscenza, e soprattutto con la
gioia di essere al centro di un’esperienza che coinvolge passato e presente. Il
poeta riconosce e ama i suoi coprotagonisti in una storia in cui ci si muove
con umiltà ma con illuminata visione delle cose. “E io mi infilo,/ mi insinuo
zampettando/ per leggere e indagare, eterna,/ l’umiltà dei secoli”. Nella
poesia “Solitario”, questa non indica la solitudine dell’individuo,
ma le lunghe passeggiate che il nostro poeta fa da solo, lungo le strade del
capoluogo lombardo, e in questa solitudine, lui si concentra su ciò che lo circonda,
e riflette su come il tempo abbia cambiato i vecchi edifici, la gente e da
tutto questo lui sente nascere un desiderio nuovo, quello di godere delle occasioni.
A raggiungere un
ulteriore e fondamentale traguardo è l’opera di Valerio Magrelli, che con il suo libro “Geologia di un padre”, pubblicato da Einaudi nella collana “Supercoralli”,
dopo aver raggiunto le finali del Premio Campiello, si aggiudica a merito, il
riconoscimento del 1° premio letterario italiano, il BAGUTTA. Come sappiamo,
questo libro, può considerarsi un’opera di memorie, legate al padre del nostro
autore, che con una prosa essenziale e
asciutta, si lega ai ricordi del genitore, infatti scrive: “Il figlio come un filo che deve
entrare nella cruna della propria crescita. Il padre come un filo che va
sfilato”.
BAGUTTA OPERA PRIMA, quest’anno viene concesso a un saggio narrato,
dalla voce esordiente di Fabrizio
Passanisi “Bert e il mago”
(Nutrimenti). Un interessantissimo saggio sulla vicenda umana e letteraria di
due grandi della letteratura tedesca, Thomas
Mann e Bertold Brecht.
Vi lascio con la poesia “Solitario”
di Maurizio Cucchi.
La testa chiara, pelata del Cochi,
quell’esile villano imbalsamato,
il suo faccino triangolare smerigliato
sul colletto scomposto e intanto io,
di fianco e sempre altrove, sorridevo,
nelle bretelle e nei miei sandaletti,
sul pavimento grigio, appoggiato,
mentre di fronte la vecchia Ines
stendeva i panni e ci scrutava.
Ma quello stesso bambino che ride,
sereno e spensierato, porta un’eco
profonda dentro sé. Aveva
perfettamente noto e già presente
in cuore il suo destino.