mercoledì 21 agosto 2013
Come la mela dolce rosseggia sull’alto del ramo, alta sul ramo più alto: la scordarono i coglitori. No, certo non la scordarono: non poterono raggiungerla.
Cari amici, per la rubrica
dedicata alle grandi donne della letteratura, dopo aver parlato di Virginia Woolf, la figura a cui ho
dedicato questo spazio, oggi ritorneremo agli albori e incontreremo la figura femminile
che già tra il VII e il VI secolo a.C. ha scosso le menti colti del tempo, con
il suo carisma e le sue poesie, come avete sicuramente capito è la mitica
poetessa Saffo, colei che è stata considerata anche l’emblema dell’amore
al femminile.
Questa poetessa ha
influenzato molto gli autori del suo tempo come anche i posteri, infatti le
notizie frammentarie che hanno permesso di dare un volto e una definizione a
Saffo, è dovuta grazie alle citazioni di autori come Stobeo, Ovidio e Cicerone,
ma anche a un’iscrizione greca di un autore ignoto, incisa su una lastra di
marmo denominata Marmor Parium,
perché è stata ritrovata sull’isola di Paro e risalente alla metà del III secolo
a.C. Si fa riferimento a Saffo, anche nel lessico
Suda, un’enciclopedia del X sec. Di lei, hanno tessuto lodi il suo
contemporaneo Solone e il postumo Strabone. Ma hanno cantato le sue lodi anche
i poeti romantici come Leopardi, con
la sua poesia “L’ultimo canto di Saffo”
e Ippolito Pindemonte, che ha
tradotto la sua poesia, a Catullo e
poi Carducci e Pascoli che hanno
utilizzato per le loro strofe lo stile metrico ideato dalla poetessa, infatti dal
suo nome è stato definito saffico. Grande è stata anche la sua influenza nelle
arti figurative dove vasi greci, affreschi romani, sculture e dipinti sono
stati ispirati da questa donna che con i suoi passionali versi ha influenzato
il suo e il nostro tempo, infatti è stato il poeta Anacreonte, che è vissuto un secolo dopo di lei, a diffondere la
voce secondo la quale la poetessa provava un amore di natura sessuale nei
confronti delle fanciulle che lei educava.
Da qui si diffuse la storia
che ha determinato il suo orientamento sessuale che poi in onore all’isola di
nascita della poetessa, Lesbo, ha avuto origine il termine lesbica, per
definire l’amore omosessuale tra le donne. Naturalmente non esistono prove che
accertino questa versione dei fatti, visto che le notizie su di lei provengono
da fonti indirette, la cosa certa sembra essere la sua scuola, che all’epoca
aveva il nome di Tiaso, dove riuniva
e viveva insieme alle sue allieve, che naturalmente ammiravano la loro maestra per le sue grandi doti, e qui lei le educava alle arti letterarie, alla danza e
alla musica, come al culto della dea
Afrodite, come si può dedurre anche dall’Inno
alla dea Afrodite che tra i vari frammenti delle sue poesie, ci è pervenuta
per intero. Certo è il fatto che si è
sposata con un uomo molto ricco e che non si è suicidata, ma secondo gli
studiosi, ha raggiunto una veneranda età. Tra certezze incertezze, la realtà è
che questa donna ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo letterario
femminile, tanto che la sua poesia ha fatto innamorare fino ai giorni nostri.
Cosa c'è
in fondo ai tuoi occhi
dietro il cristallino
oltre l'apparenza?
Dove il tempo
d'improvviso
si ferma
e
la mia anima
sulle tue labbra
resta
sospesa
?
Saffo mentre legge una sua
poesia. Vaso attico, 440-430 a.C.
Inno ad Afrodite
Afrodite eterna, in
variopinto soglio,
Di Zeus fìglia, artefice d'inganni,
O Augusta, il cor deh tu mi serba spoglio,
Di noie e affanni.
E traggi or quà, se mai pietosa un giorno,
Tutto a' miei prieghi il favor tuo donato,
Dal paterno venisti almo soggiorno,
Al cocchio aurato
Giugnendo il giogo. I passer lievi, belli
Te guidavano intorno al fosco suolo
Battendo i vanni spesseggianti, snelli
Tra l'aria e il polo,
Ma giunser ratti: tu di riso ornata
Poi la faccia immortal, qual soffra assalto
Di guai mi chiedi, e perché te, beata,
Chiami io dall'alto.
Qual cosa io voglio più che fatta sia
Al forsennato mio core, qual caggìa
Novello amor ne' miei lacci: chi, o mia
Saffo, ti oltraggia?
S'ei fugge, ben ti seguirà tra poco,
Doni farà, s'egli or ricusa i tuoi,
E s'ei non t'ama, il vedrai tosto in foco,
Se ancor nol vuoi.
Vienne pur ora, e sciogli a me la vita
D'ogni aspra cura, e quanto io ti domando
Che a me compiuto sia compi, e m'aita
meco pugnando.