lunedì 19 agosto 2013

Caffè letterario, "Tutte le cose, tutti gli oggetti, hanno una storia da raccontare, talvolta insignificante talvolta buffa, magari frivola, oppure tragica: basta solo tendere bene l’orecchio, e saperla ascoltare".



 Cari amici, eccoci finalmente al nostro bellissimo momento letterario, dove gustiamo un delizioso libro sorseggiando un buon caffè, magari godendoci una profumata e fresca brezza marina su una bella veranda, naturalmente chi non ha questa bella fortuna non rimane altro che utilizzare l’elemento fondamentale degli appassionati lettori, l’immaginazione.
 Quindi torniamo a noi, e andiamo a goderci l’aria fresca e il nostro caffè letterario, in compagnia di Nadia Morbelli e del suo libro, colorato da una leggera sfumatura di giallo, dal titolo Amin, che è volato giù di sotto, il suo secondo libro, che continua la serie che la vede come protagonista immaginaria di questi piccoli gialli, che l’hanno trasformata in una improvvisata investigatrice, spinta dalla sua forte curiosità.
 Ma vediamo chi è questa scrittrice ligure che sullo sfondo della sua bella Genova, ci emoziona con le sue appassionanti storie, scritte con un linguaggio comune, che riesce a catturare il lettore nelle sue storie.
Nadia Morbelli, dopo essersi laureata in paleografia, ha iniziato a collaborare con diverse riviste di settore. Attualmente lavora come redattrice in una piccola casa editrice e vive tra Genova e il Basso Piemonte, da cui parte della sua famiglia proviene. I momenti più belli della sua vita li trascorre in biblioteche polverose o viaggiando in giro per il mondo. Per Giunti ha pubblicato nel 2012, il primo titolo di questa serie, Hanno ammazzato la Marinin, che la vede come protagonista immaginaria di questi piccoli gialli, che l’hanno trasformata in una improvvisata investigatrice nata dalla sua forte curiosità.
"Un giallo scoppiettante e intelligente, una Genova da togliere il fiato, un’indagine da non perdere con la protagonista-redattrice più simpatica che c’è."
Titolo Amin, è volato giù di sotto
Autore Nadia Morbelli
Editore Giunti
Collana: A
Prima edizione: giugno 2013
Prezzo 10,00 ebook 6,99 €
Dicono del libro
“Il segreto della Morbelli è di trattenere sullo sfondo, ben concreta e visibile, l'indagine in questione e di esaltare in primo piano parole e situazioni in grado di disegnare una sublime geografia delle convenzioni antropologiche in atto tra Liguria e (basso) Piemonte ” Danilo Arona, Pulp libri

“Un nuovo, avvincente caso per l’investigatrice fai-da-te che ha conquistato i lettori italiani."
 Adesso sorseggiamo il nostro caffè, iniziando a leggere questo scoppiettante romanzo che sono sicura vi appassionerà.
 Guardavo desolata gli stivali messi ad asciugare vicino al termosifone dell’ufficio,, un robone di ghisa anni Venti con tanto di zampette artigliate. Andare a comprare le acciughe in via  Gramsci durante la pausa caffè sotto una pioggia battente non era stata una buona idea. Tanto più che un’ora dopo era venuto fuori il sole, anche se palliduccio e incerto. Perfino l’arcobaleno era uscito, facendo capolino verso le undici dal finestrone davanti alla mia scrivania, accampato di traverso sul cielo ancora scuro di nubi fra il palazzo di fronte e i pini marittimi di Villetta Dinegro. Alla fine mi ero decisa a infilarli, gli stivali, che emanava il camoscio ancora tiepido. Un tacco era partito. Pazienza… Il silenzio era quasi totale, interrotto a tratti dallo sbuffare scocciato del mio capo che, chiuso nella propria stanza, era evidentemente alle prese con qualche rogna colossale. Del resto, per lui, erano tutte rogne colossali. Le otto passate. Avevo messo su il cappotto e mi ero avvoltolata la sciarpa attorno al collo. -”Io vado! Ci pensi tu a chiudere? Domanda retorica: a parte il fatto che non c’era nessun altro, a chiudere ci pensava lui tutte le sacrosante sere, e difficilmente lo faceva prima delle nove. Dalla porta a vetri illuminata si era levato una sorta di grugnito: - “Vai già via? L’impudenza della domanda valeva bene i quattro o cinque passi che mi separavano dal suo studio. Avevo socchiuso la porta e mi ero affacciata in quello spiraglio: - Gian Paolo! Sono le otto e un quarto! La Mariella non ti mazzia mai, che torni sempre a casa a delle ore allucinanti? Io ti avrei già ucciso da un pezzo… - La Mariella è a Laigueglia. – Con questo freddo? – Stanno facendo dei lavori nel condominio. Mettono le impalcature per dipingere la facciata e Mariella vuole controllare di persona che non facciano danni alla buganvillea sul terrazzo. Sai che è maniaca delle piante, no? La Mariella a Laigueglia, per Gian Paolo, equivaleva a un “liberi tutti”: sicuramente non si sarebbe schiodato dalla scrivania prima delle dieci. Anche ora che l’Althea pubblica quasi cento titoli l’anno, continua imperterrito a rivedere a una a una le bozza corrette prima di andare in stampa, nel caso fosse sfuggito a qualcuno un errore. E questo fa di lui un buon editore. – Va’, va’. A domani! – A domani! Mi ero infilata i mezzi guanti per le scale che avevo fatto quasi di corsa. Era proprio tardi. Più tardi del solito. Naturalmente, a quell’ora il portone grande era già chiuso: la luce spenta della guardiola lasciava intendere che il portinaio era già da un pezzo alle prese con un bel piatto di pasta fumante, il cui profumo aleggiava nel grande androne deserto. Avevo tirato con forza il portello ricavato nell’anta di legno  rinforzata da borchie, pesante come una madonna e con una molla da fare invidia a una tagliola per orsi. Prima o poi, ne ero sicura, ci avrei lasciato dentro una caviglia. Stando attenta a non inciampare nello zoccolo, ero uscita nell’aria gelida di una notte limpida e chiara. Almeno per essere gennaio. Avevo imboccato con passo lesto il carrugio in discesa che mi avrebbe portato a Caricamento, dove spesso prendo l’autobus. Avevo fatto poco più di duecento metri quando per terra, nella luce fioca di uno dei radi lampioni che cercavano invano di rischiarare quel vicolo angusto, avevo intravisto un qualcosa che lo ingombrava, messo per traverso. “Porca di quella mmm…: un sacco di rumenta… attorno pullulerà di pantegane!” Indecisa se proseguire e scavalcarlo, oppure fare marcia indietro e andaree alla fermata della Nunziata, alla fine aveva prevalso la stanchezza e la voglia di arrivare al più presto a casa, al caldo. Mi ero avvicinata un poco di più, circospetta, e mi ero accorta che quello che mi sbarrava la strada non era un grosso sacco della spazzatura ma qualcosa di meno informe e insieme di più familiare. Forse un uomo. Sì, un uomo che dorme appoggiato su un fianco, la testa nell’incavo dell’ascella di un braccio alzato dietro la nuca con l’altro proteso in avanti, l’avambraccio piegato all’altezza del volto. Le gambe erano rannicchiate. Calcato sul capo aveva un berretto di lana, e addosso un maglione pesante, a coste grosse, sopra a un paio di jeans. “Ecco sicuramente un tossico… Certo che dev’essere ben strafatto se non si accorge nemmeno di questo freddo porco… Strano, ormai se ne vedono pochi conciati così…” Stavo per battere in ritirata quando avevo buttato l’occhio su qualcosa di lucido e scuro che macchiava il selciato proprio davanti alla sua faccia. Fatto un passo avanti, uno solo, mi ero protesa per vedere cos’era: “Sangue? Cazzo! Ma non sarà mica morto?”. Non avevo fatto a tempo a formulare quell’abbozzo di pensiero e mi ero ritrovata a pigiare come una forsennata sul pulsante del citofono della casa editrice. Urlavo. – Gian Paolo! Gian Paolo! Vieni giù! Subito! Subito! Ovviamente doveva avermi risposto qualcosa, ma non ci avevo fatto caso… sentivo soltanto la mia voce isterica che gridava: - Presto! Fa’ presto! Vieni giù! Ero  ancora lì che sbraitavo attaccata al citofono quando Gian Paolo aveva spalancato il portello, con la faccia spaventata. Non aveva messo nemmeno il giaccone. -  Un morto! C’è un morto per terra!
E ora cosa sarà successo? Scopriamolo leggendo questo emozionante libro di Nadia Morbelli.

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