Cari amici, eccoci
finalmente al nostro bellissimo momento letterario, dove gustiamo un delizioso libro
sorseggiando un buon caffè, magari godendoci una profumata e fresca brezza
marina su una bella veranda, naturalmente chi non ha questa bella fortuna non
rimane altro che utilizzare l’elemento fondamentale degli appassionati lettori,
l’immaginazione.
Quindi torniamo
a noi, e andiamo a goderci l’aria fresca e il nostro caffè letterario, in compagnia di
Nadia Morbelli e del suo libro, colorato da una leggera sfumatura di giallo,
dal titolo Amin, che è volato giù di sotto, il suo secondo libro, che
continua la serie che la vede come
protagonista immaginaria di questi piccoli gialli, che l’hanno trasformata in
una improvvisata investigatrice, spinta dalla sua forte curiosità.
Ma vediamo chi è
questa scrittrice ligure che sullo sfondo della sua bella Genova, ci emoziona
con le sue appassionanti storie, scritte con un linguaggio comune, che riesce a catturare il lettore nelle sue storie.
Nadia
Morbelli, dopo essersi
laureata in paleografia, ha iniziato a collaborare con diverse riviste di
settore. Attualmente lavora come redattrice in una piccola casa editrice e vive
tra Genova e il Basso Piemonte, da cui parte della sua famiglia proviene. I
momenti più belli della sua vita li trascorre in biblioteche polverose o
viaggiando in giro per il mondo. Per Giunti ha pubblicato nel 2012, il primo
titolo di questa serie, Hanno ammazzato
la Marinin, che la vede come protagonista immaginaria di questi piccoli
gialli, che l’hanno trasformata in una improvvisata investigatrice nata dalla
sua forte curiosità.
"Un giallo scoppiettante e
intelligente, una Genova da togliere il fiato, un’indagine da non perdere con
la protagonista-redattrice più simpatica che c’è."
Titolo Amin, è volato giù di sotto
Autore Nadia Morbelli
Editore Giunti
Collana: A
Prima edizione: giugno 2013
Prezzo 10,00 ebook 6,99 €
Dicono del libro
“Il segreto della Morbelli è di trattenere sullo sfondo, ben
concreta e visibile, l'indagine in questione e di esaltare in primo piano
parole e situazioni in grado di disegnare una sublime geografia delle
convenzioni antropologiche in atto tra Liguria e (basso) Piemonte ” Danilo Arona, Pulp libri
“Un nuovo, avvincente caso per l’investigatrice fai-da-te che ha
conquistato i lettori italiani."
Adesso sorseggiamo il
nostro caffè, iniziando a leggere questo scoppiettante romanzo che sono sicura
vi appassionerà.
Guardavo desolata gli stivali messi ad asciugare vicino
al termosifone dell’ufficio,, un robone di ghisa anni Venti con tanto di
zampette artigliate. Andare a comprare le acciughe in via Gramsci durante la pausa caffè sotto una
pioggia battente non era stata una buona idea. Tanto più che un’ora dopo era
venuto fuori il sole, anche se palliduccio e incerto. Perfino l’arcobaleno era
uscito, facendo capolino verso le undici dal finestrone davanti alla mia
scrivania, accampato di traverso sul cielo ancora scuro di nubi fra il palazzo
di fronte e i pini marittimi di Villetta Dinegro. Alla fine mi ero decisa a
infilarli, gli stivali, che emanava il camoscio ancora tiepido. Un tacco era
partito. Pazienza… Il silenzio era quasi totale, interrotto a tratti dallo
sbuffare scocciato del mio capo che, chiuso nella propria stanza, era
evidentemente alle prese con qualche rogna colossale. Del resto, per lui, erano
tutte rogne colossali. Le otto passate. Avevo messo su il cappotto e mi ero
avvoltolata la sciarpa attorno al collo. -”Io
vado! Ci pensi tu a chiudere? Domanda retorica: a parte il fatto che non c’era
nessun altro, a chiudere ci pensava lui tutte le sacrosante sere, e
difficilmente lo faceva prima delle nove. Dalla porta a vetri illuminata si era
levato una sorta di grugnito: - “Vai già
via? L’impudenza della domanda valeva bene i quattro o cinque passi che mi
separavano dal suo studio. Avevo socchiuso la porta e mi ero affacciata in
quello spiraglio: - Gian Paolo! Sono le
otto e un quarto! La Mariella non ti mazzia mai, che torni sempre a casa a
delle ore allucinanti? Io ti avrei già ucciso da un pezzo… - La Mariella è a
Laigueglia. – Con questo freddo? – Stanno facendo dei lavori nel condominio. Mettono
le impalcature per dipingere la facciata e Mariella vuole controllare di
persona che non facciano danni alla buganvillea sul terrazzo. Sai che è maniaca
delle piante, no? La Mariella a Laigueglia, per Gian Paolo, equivaleva a un
“liberi tutti”: sicuramente non si sarebbe schiodato dalla scrivania prima
delle dieci. Anche ora che l’Althea pubblica quasi cento titoli l’anno,
continua imperterrito a rivedere a una a una le bozza corrette prima di andare
in stampa, nel caso fosse sfuggito a qualcuno un errore. E questo fa di lui un
buon editore. – Va’, va’. A domani! – A domani!
Mi ero infilata i mezzi guanti per le scale che avevo fatto quasi di corsa.
Era proprio tardi. Più tardi del solito. Naturalmente, a quell’ora il portone
grande era già chiuso: la luce spenta della guardiola lasciava intendere che il
portinaio era già da un pezzo alle prese con un bel piatto di pasta fumante, il
cui profumo aleggiava nel grande androne deserto. Avevo tirato con forza il
portello ricavato nell’anta di legno
rinforzata da borchie, pesante come una madonna e con una molla da fare
invidia a una tagliola per orsi. Prima o poi, ne ero sicura, ci avrei lasciato
dentro una caviglia. Stando attenta a non inciampare nello zoccolo, ero uscita
nell’aria gelida di una notte limpida e chiara. Almeno per essere gennaio. Avevo
imboccato con passo lesto il carrugio in discesa che mi avrebbe portato a
Caricamento, dove spesso prendo l’autobus. Avevo fatto poco più di duecento
metri quando per terra, nella luce fioca di uno dei radi lampioni che cercavano
invano di rischiarare quel vicolo angusto, avevo intravisto un qualcosa che lo
ingombrava, messo per traverso. “Porca di
quella mmm…: un sacco di rumenta… attorno pullulerà di pantegane!” Indecisa
se proseguire e scavalcarlo, oppure fare marcia indietro e andaree alla fermata
della Nunziata, alla fine aveva prevalso la stanchezza e la voglia di arrivare
al più presto a casa, al caldo. Mi ero avvicinata un poco di più, circospetta,
e mi ero accorta che quello che mi sbarrava la strada non era un grosso sacco
della spazzatura ma qualcosa di meno informe e insieme di più familiare. Forse un
uomo. Sì, un uomo che dorme appoggiato su un fianco, la testa nell’incavo dell’ascella
di un braccio alzato dietro la nuca con l’altro proteso in avanti, l’avambraccio
piegato all’altezza del volto. Le gambe erano rannicchiate. Calcato sul capo
aveva un berretto di lana, e addosso un maglione pesante, a coste grosse, sopra
a un paio di jeans. “Ecco sicuramente un
tossico… Certo che dev’essere ben strafatto se non si accorge nemmeno di questo
freddo porco… Strano, ormai se ne vedono pochi conciati così…” Stavo per
battere in ritirata quando avevo buttato l’occhio su qualcosa di lucido e scuro
che macchiava il selciato proprio davanti alla sua faccia. Fatto un passo
avanti, uno solo, mi ero protesa per vedere cos’era: “Sangue? Cazzo! Ma non sarà mica morto?”. Non avevo fatto a tempo a
formulare quell’abbozzo di pensiero e mi ero ritrovata a pigiare come una
forsennata sul pulsante del citofono della casa editrice. Urlavo. – Gian Paolo! Gian Paolo! Vieni giù! Subito!
Subito! Ovviamente doveva avermi risposto qualcosa, ma non ci avevo fatto
caso… sentivo soltanto la mia voce isterica che gridava: - Presto! Fa’ presto! Vieni giù! Ero ancora lì che sbraitavo attaccata al citofono
quando Gian Paolo aveva spalancato il portello, con la faccia spaventata. Non aveva
messo nemmeno il giaccone. - Un morto! C’è un morto per terra! …
E ora cosa sarà successo?
Scopriamolo leggendo questo emozionante libro di Nadia Morbelli.
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