Incontriamo...
Benvenuti tra le pagine di... un libro,
sfogliato per voi, da “la bacheca dei libri”.
In occasione
dell’evento letterario di cui ho avuto il grande privilegio di rendermi
portavoce, ovvero il PREMIO
INTERNAZIONALE DI LETTERATURA “Città di Como”. Oggi, incontreremo da vicino
lo scrittore comasco, a cui è stata dedicata la sezione narrativa, Giuseppe
Pontiggia.
Naturalmente, lo
incontreremo attraverso la voce lasciata dai suoi libri e scopriremo insieme
perché questo letterato merita un onore alla memoria, così grande.
Ma, chi è realmente Giuseppe Pontiggia?
Un bibliofilo? Un critico letterario? Un narratore o
un saggista?
Grandi scrittori
– I grandi scrittori sono in continuo aumento. Quelli che scarseggiano sono gli
scrittori.
È, uno scrittore, dagli aforismi pronti per l’uso?
Lui è tutto questo, ma
anche molto di più. Parlando di aforismi, nel libro: Prima persona Giuseppe Pontiggia,
racconta la società italiana e l’esistenza individuale per chi le vive e le
osserva, scrivendo in prima persona, con aforismi fulminei narrazioni
esilaranti, passeggiate panoramiche.
Tuttologi
– Quello che sorprende non è che si occupino di tutto, ma che ne abbiano il
tempo. Se passano il tempo a rispondere alle domande, dove trovano il tempo per
porsele?
Quest’uomo, ha sfruttato
il suo grande amore verso i libri, la conoscenza e con grande soddisfazione e
sacrifici, ha fatto della letteratura la sua vita, riuscendo a consegnare la
sua memoria al mondo letterario.
“Scrivo narrativa quando sono spinto dalla
necessità di raccontare qualcosa che sento importante non solo per me, ma
potenzialmente anche per il lettore. Prima di affrontare un romanzo ho bisogno
di crederci veramente, invece i racconti possono nascere da uno spunto
immediato.”
Come molti sapranno,
questo autore si è cimentato su diversi fronti letterari, seguendo come una
foglia sull’acqua, le varie correnti del fiume della sua esistenza. I suoi
romanzi, riflettono molto dal suo specchio interiore, infatti se prendiamo in
considerazione la sua prima opera, La
morte in banca, scopriamo che la vicenda narrata non è altro che la sua,
perché rappresenta la sua insoddisfazione di quando è stato costretto a
lavorare in banca. Un altro importante libro autobiografico, che personalmente
ho amato molto come lettrice, è quello che l’ha consacrato negli annali della
letteratura italiana e non solo, mi riferisco a: Nati due volte, il romanzo che si è aggiudicato il Premio Campiello nel 2001 e da cui è
stato tratto il film Le chiavi di casa.
Sinossi:
Un padre e un figlio speciale: Paolo, gravemente disabile a causa di un parto
difficile affrontato con superficialità dal ginecologo di fiducia. Una famiglia
lacerata da tensioni e conflitti, ma disperatamente coraggiosa nella guerra
quotidiana contro le tante barriere culturali e materiali, per aiutare Paolo a
vivere in un mondo che la prima nascita ha reso tanto ostile. Nati due volte
rappresenta il drammatico percorso di tutti coloro ai quali la vita ha dato la
possibilità di rinascere attraverso l’amore e il dolore.
Ma perché, è nato due volte?
A questo proposito, nel
libro il nostro autore lascia una nota parlando della scelta del titolo: Questi bambini nascono due volte. Devono
imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La
seconda nascita dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte
e il percorso sarà più difficile. Ma alla fine anche per voi sarà una
rinascita. Questa almeno è la mia esperienza. Non posso dirvi altro.
Beh! Leggendo questo
romanzo e seguendo la nota del nostro scrittore, possiamo scoprire com’è quella
di Paolo. La sua prima nascita è stata quella che gli ha provocato quella
sofferenza al cervello che gli impedirà per sempre di muoversi come gli altri o
di parlare con scioltezza. La sua seconda nascita è stata quella che gli ha
permesso di diventare una persona forte e fiduciosa, amichevole e amata dal
mondo. Le cause che lo hanno portato
a queste due nascite sono state: la prima, i medici, perché lo hanno aiutato a
venire al mondo; la seconda, l’amore dei suoi genitori. Infatti, è proprio
grazie a questo forte legame a tre, che si è pensato a loro come ai Tre moschettieri, legati dall'amore e
dalla fierezza e sempre pronti a combattere mille battaglie per conquistare il
diritto di essere ciò che si è, insieme, “Uno per tutti, tutti per uno”.
In questo libro, il
nostro scrittore come ho già detto incarna la pelle del padre di Paolo, e
proprio attraverso la sua voce, si riversano nel libro le sue profonde paure e
la sua incapacità di accettare la condizione del proprio figlio, questo
trasforma questo romanzo in una pagina di diario segreto, qualcosa di molto
personale e profondo, che viene esposto sotto gli occhi di tutti, così come il
profondo amore che lui prova per il figlio e come questa terribile situazione,
abbia rafforzato ulteriormente il rapporto con il figlio. Ecco uno dei passi
più famosi e significativi del libro:
La scala mobile sale al terzo piano
tra scale che discendono, gradini che spariscono in alto tra le luci, pavimenti
che si allontanano ai due lati, la folla che circola lentamente nel brusio.
“Ti piace?” gli chiedo in un orecchio,
alle spalle.
“Sì” risponde senza voltarsi.
Aggrappato con la sinistra al corrimano di
gomma, si lascia cadere indietro, sentendo che ho le braccia aperte.
Sto curvo in avanti per sorreggerlo. Quando
arriviamo in cima e i gradini di ferro scompaiono nella feritoia, si arrovescia
con le spalle.
“Non
avere paura!” gli dico, sollevandolo a
fatica perché non inciampi. Si posa, con le gambe rigide, i piedi tesi, sulla
moquette oltre la piastra metallica. Riesce a non cadere. Cammina. Mi guardo
intorno, asciugandomi la fronte con il palmo della destra. Una signora ci
guarda vicino a un ombrellone giallo, piantato in un rettangolo di sabbia che
simula una spiaggia. Anch’io la guardo, sono stanco delle persone che ci
guardano. Ma ecco che lancia un grido, portandosi la mano alla bocca, mentre si
sente un tonfo pesante. Paolo è caduto su un fianco e ora, troppo tardi, si
volta sul dorso, come gli è stato insegnato. Ha il viso contratto dal dolore,
le mani
inutilmente aperte sul
pavimento. “Ti sei fatto male?” gli
chiedo, piegandomi su di lui. Mi fa segno di no. Lo aiuto a rialzarsi,
puntandogli i piedi contro i miei e tirandolo per le braccia. Una piccola
folla, occhi di curiosità e paura, ha fatto il vuoto intorno a noi e si ritrae
per lasciarci passare. “Non è niente” dico.
Lo sorreggo per alcuni passi. “Va
meglio?” “Si.” Gli indico, tra piccole palme dentro vasi
d’argilla, un bar. “Vuoi che beviamo
qualcosa?” “Si.” Ci sediamo a un
tavolo di legno, su panche rustiche. Sono stanchissimo e infelice. Gli chiedo: “Vuoi una coca-cola?” “Si.” Gli reggo il
bicchiere mentre beve. Quando ci rialziamo, gli dico: “Cammina bene. Sta attento.” Lui procede ondeggiando come un
marinaio ubriaco. No, come uno spastico. Si volta per dirmi con la sua voce
stentata: “Se ti vergogni, puoi camminare
a distanza. Non preoccuparti per me.”
Cosa dire, questo brano
parla da solo, non so voi, ma io ho sentito la profonda vergogna di questo
padre, solo nel momento in cui il figlio gli dice che può camminare a distanza.
Un grande, grandissimo scrittore, di cui si potrebbe parlare ∞ ma, io
preferisco lasciarvi così con le sue parole: Tra un libro "di"
Einstein e un libro "su" Einstein scegli il primo. C'è più da
imparare dalla oscurità di un maestro che dalla chiarezza di un discepolo. Gli
scopritori di continenti hanno disegnato contorni sempre imprecisi delle coste,
che oggi qualsiasi agenzia turistica è in grado di correggere. Preferisco chi
ha scoperto i continenti.
Beh! a buoni intenditori
bastano poche parole. Alla prossima amici in lettura.
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