lunedì 2 settembre 2013

Lo so che hai paura, non sei abituata a sentirti parlare d'amore, ma mi devi credere Maria, sei l'unica donna che amerò nella vita. Tratto dal film "Storia di una capinera" di Franco Zeffirelli

  Agenda letteraria
Allô, à tout le monde, questa sera la nostra agenda letteraria, ci ricorda la nascita di un grande del verismo, la corrente letteraria che si è sviluppata maggiormente verso la fine del XIX, ovvero Giovanni Carmelo Verga, il grande scrittore che ha dato voce a questa corrente, con opere come I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo, Rosso Malpelo, che fa parte di un ciclo di novelle e così via. Questo celebre scrittore e drammaturgo, di origine siciliana, oltre a essere un deputato del Parlamento del Regno d’Italia, è stato un importante scrittore che con le sue opere ha raccontato la reale e dura vita del mondo contadino. Come molti altri autori, anche le opere di Verga hanno ricevuto l’attenzione di vari registi, tra tutti merita una di essere ricordato il bellissimo e commovente film del celebre regista Franco Zeffirelli, che nel 1993, ha dato sfogo alla sua creatività, con un film dal titolo Storia di una capinera, tratto dall’omonimo racconto, di cui vi lascio la scena della dichiarazione d’amore di Nino a Maria, ovvero la capinera.
  Introduzione a Storia di una Capinera:
  Avevo visto una capinera chiusa in gabbia: era timida, triste, malaticcia ci guardava con occhio spaventato; si rifugiava in un angolo della sua gabbia, e allorché udiva il canto allegro degli altri uccelletti che cinguettavano sul verde del prato o nell’ azzurro del cielo, lì seguiva con lo sguardo che avrebbe potuto dirsi pieno di lacrime. ma non osava ribellarsi, non osava tentar di rompere il fil di ferro che la teneva carcerata, la povera prigioniera. Eppure i suoi custodi, le volevano bene, cari bambini che si trastullavano con il suo dolore e le pagavano la sua malinconia con miche di pane e con parole gentili. …ma non poteva inghiottire… Dopo due giorni chinò la testa sotto l’ala e l’indomani fu trovata morta stecchita nella sua prigione. Era morta, povera capinera! Allorché la madre dei due bimbi, innocenti e spietati carnefici del povero uccelletto gli narrò la storia di un’infelice, di cui le mura del chiostro avevano imprigionato il corpo e la superstizione e l’amore avevano torturato lo spirito: una di quelle intime storie, che passano inosservate tutti i giorni, storia di un cuore tenero, timido, che aveva amato e pianto e pregato senza osare di far scorgere le sue lacrime o di far sentire la sua preghiera, che infine si era chiuso nel suo dolore ed era morto; io pensai alla povera capinera che guardava il cielo attraverso le gretole della sua prigione, che non cantava, che non beccava tristemente il suo miglio, che aveva piegato la testolina sotto l’ala ed era morta.

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