lunedì 26 agosto 2013

Un’amicizia pericolosa esplora il labile confine che separa verità e menzogna, catturando il lettore in una storia ipnotica dal finale spiazzante. Kirkus Reviews

Caffè letterario
 Buongiorno,
           Cari amici lettori che mi seguite dal virtuale mondo, è giunto il momento di connettersi, perché sta per avere inizio il nostro Caffè letterario, che oggi vi farà incontrare Odalie, una donna che vi coinvolgerà con il suo caschetto nero e il suo fascino da soubrette dei mitici anni venti, a cui appartiene, proprio come la protagonista del nostro libro, che si troverà a dover affrontare “Un’amicizia pericolosa”, quindi ecco per voi uno spumeggiante caffè macchiato per addolcire il vostro risveglio in compagnia di questo libro e della sua autrice Suzanne Rindell, che accompagna il nostro caffè, con “Un romanzo raffinato e coinvolgente, in cui nulla è come sembra”.
Titolo Un’amicizia pericolosa
Autore Suzanne Rindell
Editore NORD
Collana Narrativa Nord
Traduttore Patrizia Spinato
Prezzo 17,60 ebook 12.99 €
Un libro coinvolgente quello della nostra Suzanne, che ci riporta ai mitici anni venti, dove la donna moderna si taglia i capelli in modo sensuale come gli splendidi abiti che scoprono le gambe, rivelando una donna forte e sicura di sé, che fa scomparire il pregiudizio della donna debole e fragile che sviene per un non nulla, e questo il mondo di Odalie, che incarna l’ideale di donna che vorrebbe essere Rose, la protagonista di questo emozionante romanzo venuto fuori dalla mente brillante di Suzanne Rindell, che ci coinvolgerà in un’amicizia pericolosa che insieme a Rose, potrebbe portarci alla rovina.
Ecco Suzanne Rindell, l’angelico viso di colei che ci trascinerà con una scorrevole e coinvolgente scrittura in una avventura senza pari, vissuta nello splendido scenario degli anni venti, dove Rose sta per essere coinvolta in qualcosa di più pericoloso della voglia di libertà e determinazione che mostra l’ideale della donna moderna che veste le strepitose creazioni di Coco Chanel.
 Questa aggraziata scrittrice che ha un dottorato in Letteratura moderna americana alla Rice University, mostra le sue qualità in questo  suo primo manoscritto che come potrete vedere già dalle prime pagine saprà coinvolgere il lettore in una storia ricca di colpi di scena che vengono esaltati dal suggestivo scenario che ci fa rivivere le feste, i colori  di quel periodo che hanno fatto da scenario a Charlie Chaplin, Coco Chanel che come Il grande Gatsby, è ambientato nella mitica New York, che a quel tempo a fatto trepidare il mondo con il mitico scenario di Broadway.
 Ora è giunto il momento di lasciar perdere i convenevoli e profondare gli occhi su questo assaggio da gustare con il nostro caffè.
 Dicevano che la macchina da scrivere avrebbe annullato le donne. Basta dare un’occhiata all’aggeggio in questione per capire come fossero arrivati a una simile conclusione (mi riferisco ai sedicenti custodi della virtù e della moralità femminile, per intenderci). Una comuna macchina per scriver, che sia una Underwood, una Royal, una Remington o una Corona, è un oggetto rigido, austero, che va dritto al punto con la sua forma squadrata, infinitamente lontano dalle sinuose frivolezze e dalla volubilità così tipicamente femminili. Senza contare la violenza dei suoi martelletti, la forza spietata con cui infieriscono sulla carta. Spietata. No, di sicuro la pietà non è una caratteristica della macchina per scrivere. Del resto, non posso nemmeno dire di essere un’esperta in materia di pietà, visto che il mio lavoro riguarda più che altro l’estremo opposto. Mi riferisco alle confessioni. No, non mi occupo di mettere sotto torchio i criminali. Quello è compito del sergente. O del tenente. Non certo il mio. Il mio è un lavoro silenzioso. Almeno lo è se si esclude la raffica di colpi prodotti dalla macchina da scrivere che ho davanti, quando trascrivo il contenuto dei rotoli in stenotipia. Un frastuono di cui, in ogni caso, non sono minimamente responsabile, visto che sono solo una donna, cosa di cui il sergente sembra rendersi conto giusto nel momento in cui usciamo dalla stanza degli interrogatori, quando mi sfiora una spalla e dice, con tono grave e solenne: “Rose, mi dispiace davvero che una signora come lei sia costretta a sentire certe cose”, riferendosi ai dettagli dello stupro, del furto o di quale che sia il delitto appena confessato. E il catalogo dei crimini di cui sentiamo il resoconto, qui nei nostri uffici del Lower East Side di Manhattan, non fa certo venir voglia di approfondire l’argomento. Quando il sergente di “signora”, si sta dimostrando oltremodo cortese. In questo 1924 che ormai volge al termine, la definizione della sottoscritta oscilla infatti tra “signora” e “donna”. La differenza, com’è ovvio, la fanno in parte il livello d’istruzione – cosa di cui posso modestamente vantarmi, avendo frequentato l’Astoria Stenographers College for Ladies -, in parte le origini e il denaro, requisiti che, in quanto orfana e con paga di quindici dollari a settimana, non posso certo sfoggiare. Senza dimenticare, certo, la questione del lavoro in senso stretto. Si dà per assodato che  una signora possa avere degli “impegni”, ma assolutamente non un “lavoro” e, dal momento che preferisco avere un tetto sulla testa e un piatto caldo ogni giorno, piuttosto che rinunciarci, sono costretta a tenermi stretto il secondo. Ed è proprio questo che intendevano, quando dicevano che la macchina per scrivere ci avrebbe annullato come donne; nel senso che ci avrebbe trascinato fuori dalle nostre case, catapultandoci non in una fabbrica di abbigliamento o in una lavanderia, ma in un commissariato o in un’azienda contabile, territori che un tempo erano battuti in esclusiva dal popolo maschile. A sentir loro, ci saremmo slacciate il grembiule per infilarci dentro camicie inamidate e scialbe gonne blu, che di sicuro ci avrebbero rese sterili; il fatto poi di ritrovarci perennemente circondate da tutti quegli aggeggi tecnologici – macchine per stenotipia, ciclostili, calcolatrici, tubi per la posta pneumatica – ci avrebbe fatto inevitabilmente  irrigidire, mentre il nostro tenero cuore femminile si sarebbe indurito, bramoso d’imitare quel mare di ferro, ottone e acciaio. … il mio lavoro… sia una delle mansioni più civilizzate offerte al giorno d’oggi. Un lavoro che peraltro non fa insorgere complicazioni di sorta, dal momento che una brava dattilografa sa stare  al proprio posto ed è più che felice, essendo una donna, di ricevere un salario adeguato. In ogni caso, se fosse davvero un’attività idonea agli uomini, ci sarebbero molti più dattilografi maschi e, inutile a dirsi, non se ne vedono affatto. … il tenente e il sergente sono molto diversi tra loro, ma sembravano aver siglato da tempo immemore una qualche specie di scomodo accordo. Ho sempre avuto la netta sensazione che sia meglio evitare prendere le parti dell’uno o dell’altro, per non compromettere il precario equilibrio indispensabile alla loro collaborazione, ma in tutta sincerità devo confessare che mi sento più a mio agio col sergente. … Una delle ragioni per cui preferisco lavorare con il sergente è che il tenete segue quasi sempre casi di omicidio, di conseguenza, la maggior parte delle volte in cui lo accompagno nella stanza degli interrogatori è per verbalizzare alla macchina da stenotipia la confessione di un sospetto assassino. … Tutto procedeva con la solita armonia, fino all’arrivo dell’altra dattilografa. Intuii che qualcosa stava per succedere nell’attimo esatto in cui varcò la soglia, il giorno del colloquio. Entrò a passi lenti, con estrema calma, ma io capii subito di avere davanti l’occhio del ciclone. Quella donna era il cupo epicentro di un evento che ancora ci era oscuro, il rovinoso luogo in cui caldo e freddo si fondono. In quell’istante capii che tutto, attorno a lei, sarebbe cambiato. Temo però che riferirmi a lei come "all'altra dattilografa", sia fuorviante, dal momento che ce n’erano sempre state "altre". …
 Adesso non ci resta che scoprire cosa ha Odalie di così diverso dalle altre e quale ciclone potrà mai portare questa dattilografa e soprattutto cosa succederà a Rose? Scopriamolo leggendo questo  emozionante romanzo edito dalla NORD Editore.

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