martedì 25 giugno 2013

Parliamo di... Simona Sparaco

Parliamo di
                                   … Simona Sparaco
e del suo ultimo libro, selezionato tra i finalisti del Premio Strega 2013, Nessuno sa di noi, edito dalla Giunti Editore.
 Ciao a tutti cari amici del “La bacheca dei libri”, oggi parliamo di una scrittrice che dopo i successi dei suoi due precedenti romanzi, mi ha colpito profondamente con il suo terzo libro, perché ha avuto il coraggio di affrontare un argomento veramente difficile come l’aborto terapeutico, che tocca in vivo un acceso dibattito etico,  morale, sociale che molte volte tralascia l’aspetto forse più importante, quello umano.

Ma, Vediamo cosa ha risposto la nostra scrittrice alla domanda: Parliamo un po’ del tuo ultimo romanzo, Nessuno Sa di Noi. Come mai hai scelto di affrontare un argomento così “scomodo”, soprattutto nel nostro Paese, come quello dell’aborto terapeutico?
  Il dolore di Luce necessitava di una voce disposta a raccontarlo. Quello che capita a lei, capita a molte più donne di quello che comunemente si crede. Le nuove frontiere delle indagini prenatali hanno cambiato profondamente la nostra società e il modo di vivere una gravidanza, sollevando questioni etiche, morali, religiose, che a mio avviso meritavano di essere indagate, almeno dal punto di vista letterario.
http://www.toylet.it/2013/40862/intervista-simona-sparaco-premio-strega-2013-nessuno-sa-di-noi.toy
Prima di scoprire “Nessuno sa di noi”, scopriamo Simona Sparaco, chi è?


Simona Sparaco, è una scrittrice e sceneggiatrice nata nel 1978 a Roma. Dopo aver preso una laurea inglese in Scienze della Comunicazione, spinta dalla passione per la letteratura, è tornata in Italia e si è iscritta alla facoltà di Lettere, indirizzo Spettacolo. Ha frequentato diversi corsi di scrittura creativa, tra cui il master della Holden di Torino, la scuola di Alessandro Baricco. La passione per la scrittura è iniziata fin da giovanissima, tanto che all’età di dodici anni, ha sentito il bisogno di scrivere, componimenti, pensieri, infatti la nostra scrittrice nonostante le molte idee nel cassetto, ha iniziato a scrivere seriamente, solo dopo aver fatto degli studi appropriati, perché come ha affermato in una intervista, il lettore è importante ed è giusto presentare un buon lavoro. Per la Newton Compton ha pubblicato i romanzi Lovebook e Bastardi senza amore, tradotto anche in lingua inglese. Oggi vive tra Roma e Singapore.

Dettagli
Autore: Simona Sparaco
Titolo: Nessuno sa di noi
Editore: Giunti
Collana: A
Pagine: 256
Prezzo: 12,00 ebook 6.99 €
Un romanzo che scuote l'anima
Questo romanzo tratta una storia molto reale, difficile da raccontare, che ha messo a dura prova anche le coppie più salde, che si sono perse nel dolore della scelta, penosa e dura , ma nel romanzo di Simona Sparaco, Luce e Pietro resistono soprattutto grazie alla sua forte personalità, e insieme prendono coscienza e la grave decisione di un aborto terapeutico, perché il piccolo Lorenzo, il bambino che hanno tanto desiderato e che finalmente è arrivato ha una grave malformazione della crescita, che comprometterà la sua vita, il dolore, la sofferenza, le lacrime e le colpe con cui decidono di vivere li portano a questa difficile decisione che ha turbano la vita di molti altri genitori che come loro si sono trovati ad affrontare questa orribile decisione e come loro a portarne il peso di fronte a l’etica cristiana e alla società.
 Nessuno sa di noi, è un romanzo forte, commovente, che ci mette di fronte ad una realtà molto privata, che in genere si nasconde, per proteggersi dalla critica sociale, dalla vergogna e dal profondo dolore di chi si trova a vivere questa esperienza che dal di fuori, può sembrare semplice dire: Si, sono contro l’aborto terapeutico, ma quando ti dicono che tuo figlio, l’amore della tua vita, la creatura che hai tanto atteso e che soprattutto una donna sente crescere dentro di sé, è malato, non c’è la farà a vivere, quale dovrebbe essere la reazione giusta? Difficile dirlo per chi purtroppo non si trova nella situazione, e la scelta è amara da qualunque punto di vista.

  Altre parole sono inutili, quindi diamo voce alla nostra scrittrice e a Nessuno sa di noi:
La dottoressa ferma la proiezione su un profilo attendibile e digita sulla tastiera dell’ecografo per prendere le misure esatte. Lorenzo è di nuovo lì, in bianco e nero, sopra le nostre teste, mentre linee rette lo attraversano da parte a parte. L’ultima volta mi sono commossa, riuscendo a distinguere tra quelle ombre la sua faccia coperta dalle manine, in un gesto di fastidio o difesa, chissà. Mentre un cerchio si apre come una voragine sul suo minuscolo cranio per determinarne il diametro, analizzo lo sguardo della dottoressa, cercando di leggere in ogni minima contrazione delle palpebre un’anticipazione, un indizio. La dottoressa si rivolge all’assistente parlando di numeri che per me non hanno senso, ma lo capisco lo stesso che qualcosa sta cambiando. Ora. Per sempre. “È corto” sentenzia più volte, riferendosi al femore. Comincio a tirarmi i capelli, come faccio quando mi assale l’ansia. Li afferro a ciocche e li arrotolo tra le dita. Tengo lo sguardo incollato alle sue gambette, che per la prima volta riesco a distinguere nitidamente. I piedini, mio Dio, sono lì, perfetti, un dito dopo l’altro, come devono essere i piedini di un neonato, solo che lui è ancora dentro di me. Il cuore mi rimbomba nelle orecchie, nella pancia, nelle ossa. Non so se sia il mio o il suo, lo sento dappertutto. Ho la testa confusa, annebbiata. La dottoressa preme la sonda muovendo il manipolo in tutte le direzioni. Pietro mi stringe la mano senza dire niente. Quelle linee e quei cerchi continuano ad agitarsi sulla sagoma di nostro figlio, come uno scarabocchio, però di una precisione geometrica, infallibile. La dottoressa lo misura più volte, si sofferma sulle gambe, sulle braccia, sulla testa, infine sul torace, il dettaglio che sembra preoccuparla di più. Mi dice di stare tranquilla, ma all’assistente ordina di telefonare alla mia ginecologa: “Dica alla Gigli di venire subito”. Poi toglie il manipolo con un sospiro che è come un vetro che cade e si frantuma sul pavimento, e mi chiede di rivestirmi. Io sono rigida, ho le mani tremanti, ancora aggrappate ai capelli. Con un foglio di carta assorbente, mi tolgo il gel dalla pancia, ma quando la copro sento che è ancora umida e gelida. “Dalla ventesima settimana a oggi, il bambino non è cresciuto come ci si aspettava. Ci sono delle anomalie preoccupanti che mi fanno pensare a una forma di displasia scheletrica, ma non sono in grado di darle una diagnosi.”
“Perché finora non si è visto niente? Che cosa dobbiamo fare adesso? Qual è la cura?” Riconosco la voce di Pietro, vicino, da qualche parte. I suoi appelli inquieti, ma ovattati, distorti. Ho la sensazione di essere rimasta sola nella stanza, e nel mondo, come quando da bambina giocavo a nascondino e alla fine di una conta mi mettevo alla caccia dei miei compagni senza riuscire a trovarli. “Ho fatto qualcosa che non dovevo?” li interrompo, bruscamente, mentre le lacrime mi rigano silenziose le guance. Li guardo entrambi senza vederli. Poi la faccio, la domanda temuta e maledetta da ogni madre, tutta d’un fiato, strizzando tra le mani un lembo bagnato del vestito: “È stata colpa mia?”. ...

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