lunedì 4 novembre 2013

Un pensiero, un caffè, un dolce sorriso e... un travolgente romance per te. Perché? Sta per iniziare...

Caffè letterario
Buongiorno!
   Amici in lettura, visto che in questi giorni vi ho un po’ trascurato, è giunto il momento di coccolarvi un pochino, così eccomi qui con un dolce caffè e delle fresche pagine piene di una travolgente storia d’amore per darvi il giusto tono per affrontare una nuova giornata.
Un libro si sa, non va giudicato dalla copertina, ma come Twilight, ad attirare la mia attenzione su questo romanzo pubblicato questo giugno dalla Sperling & Kupfer è stata la sua copertina, che mi ha conquistato per la delicata e pura bellezza eterea di questa fanciulla dormiente vestita di quel blu che come i fiordalisi, risalta i suoi tratti nordici, come la sua scrittrice, Simona Ahrnstedt, che direttamente dalla Svezia, la patria del prestigioso Premio Nobel, mi ha travolto con questo romance,  dai toni accesi. 
Ma chi è questa nordica scrittrice?

Simona Ahrnstedt è nata a Stoccolma, si è laureata in psicologia e oltre a scrivere romanzi, lavora come terapista. Ha collaborato con diverse riviste, occupandosi di scrivere articoli sulle relazioni tra uomini e donne. Il suo primo romanzo è stato Ritratto di donna in cremisi, che ha ottenuto un enorme successo di pubblico e di critica in Svezia, dove ha inaugurato un genere per poi farsi conoscere anche sul mercato letterario internazionale
He! He!   Una specialista in relazioni tra coppie, per coinvolgerci in questo intrigo amoroso, che sotto lo scenario di una storica Svezia del 1349, ci racconta di un travolgete amore, nato per un fatale ma destinato errore, perché Illiana, una giovane fanciulla, pura e fresca come la rugiada del primo mattino, è destinata nonostante il matrimonio già combinato dai suoi genitori a incontrare Markus, un vero e proprio cavaliere nero, che sembra uscito dalle tremolanti storie raccontate al focolare. E come un libro non va giudicato solo dalla copertina, ma dal suo contenuto, anche Markus non è quello che sembra e quando Illiana scopre il suo vero volto, l’amore per colui che si è distinto solo per la sua ferocia nelle battaglia è travolgente come un fiume in piena, ma il gelido vento del nord soffia forte e impetuoso contro questo amore. Riuscirà Illiana con la sua bellezza semplice e delicata come i fiordalisi, a farsi amare e a liberare l’indomito cavaliere dalla gelida armatura che protegge il suo cuore?
  Tra battaglie, intrighi, e forti passioni, scopriamo come andrà a finire la storia d’amore tra il temuto cavaliere Markus e la delicata e innocente Illiana, iniziando da questo assaggio da goderci insieme al nostro caffè.
Östergötland, maggio 1349, giorno dell’Ascensione
  ILLIANA Henriksdotter conosceva bene la verità. Non aveva molti pretendenti tra cui scegliere.
 Abbassò lo sguardo sulle mani che stranamente riposavano immobili in grembo. Malgrado se le fosse lavate nel secchio, le unghie recavano ancora tracce di terra, così cercò con discrezione di rimuovere i residui. Aveva trascorso l’intera mattina inginocchiata nell’orto. Ormai la natura era in fiore: le erbe medicinali, le piante aromatiche e i teneri ortaggi spuntavano, germogliavano e crescevano, e per lei quello era il periodo più impegnativo. In quel momento, poi, pensava che avrebbe di gran lunga preferito concentrarsi sulle sue faccende. È inutile stare a girarci intorno, il fatto è che...  “Nessun altro vorrà sposarla comunque», sentenziò sua madre con voce alta e aspra. Ecco! Anche se era giunta lei stessa a quella conclusione, faceva male sentirlo dire apertamente. In poche parole, era una ragazza «impossibile da accasare”. La madre, Rikissa, continuò: “Tanto vale accettare la proposta di Axel. Prima che diventi troppo vecchia. Axel è sempre meglio di niente”. Abbozzò una smorfia d’insoddisfazione che sembrava dire: Meglio di niente, ma non di molto. ... Illiana rimase in attesa. Era suo padre che prendeva le decisioni nella tenuta, ma lei sapeva che dipendeva completamente dalle opinioni e dai consigli della bella moglie. Lei era intelligente. Lui solo privo di scrupoli. “Annunceremo il fidanzamento durante la cena di questa sera”, stabilì Rikissa, e in risposta il padre abbozzò un cenno d’assenso.  “Meglio approfittare della proposta”, continuò la donna. “Tutti i suoi pretendenti sembrano colpiti da un maleficio.” Illiana, purtroppo, sapeva che era vero. Il suo primo promesso sposo era morto alla vigilia del matrimonio. Nessuna stranezza, solo sfortuna: era caduto, si era ferito e non ce l’aveva fatta. Il secondo si era ammalato e aveva lasciato questo mondo a poche settimane dalle nozze. Entrambi erano ragazzi giovani, figli di amici del padre, ma Illiana non li aveva mai conosciuti e, quindi, non li aveva pianti. In seguito nessun altro si era fatto avanti. Aveva compiuto quindici, sedici e diciassette anni senza che nessuna famiglia si risolvesse ad accoglierla come nuora. Non c’erano state voci esplicite, ma lei era convinta che la considerassero una che portava sfortuna. E sospettava pure che l’abilità con le erbe non avesse migliorato la sua reputazione. Indugiò sull’innocente macchiolina e pensò alle piante di prezzemolo e basilico. Conosceva anche le erbe velenose, ovviamente, però le evitava: non ne aveva alcun bisogno e sapeva – lo sapeva con fermezza – che non avrebbe mai potuto attentare alla vita di chiunque. Tuttavia, dato che i suoi promessi sposi si ostinavano a morire, sul suo conto erano incominciate a fiorire voci e dicerie. Non che l’avessero accusata di niente, comunque. Dopotutto non suscitava un grande interesse nelle persone. Sospirò. Se pensava a tutte le delusioni che aveva dato a sua madre, questa era senza dubbio la più grande. E nessuno sapeva essere deluso quanto Rikissa. Il padre scosse la testa grigia e le rivolse un’ultima occhiata infastidita. “Dovrò parlare ad Axel della dote.” Dunque era deciso: sarebbe andata in sposa ad Axel il contadino. ... Lei non era né un’erba profumata né un fiore grazioso e delicato. Fu Axel a farglielo capire, a definire con precisione ciò che aveva sempre sospettato. Lei era buona, piena di risorse e spesso sporca di terra. In poche parole, era una rapa. ...  In un villaggio vicino, lo stesso giorno  MARKUS Järv, cavaliere svedese e braccio destro di re Magnus Eriksson, si dondolò sulla sedia facendola scricchiolare. La coppa davanti a lui era vuota. Era sghemba e fabbricata malamente, proprio come la logora seggiola. Si guardò attorno. Ogni cosa lì dentro sembrava opera del medesimo artigiano incapace. Era tutto grezzo, brutto e scomodo. Non che gliene importasse, comunque. Aveva visto di peggio. Tornò a terra con un tonfo e attese che qualcuno o qualcosa spezzasse il silenzio, ma non accadde nulla. Meditò se fosse il caso di chiamare la moglie del fattore che era scomparsa dopo averlo servito. Forse lei e gli altri avevano finito la birra. Possibile, ma improbabile. Stavano alla larga perché avevano paura. Nello stesso istante in cui lui e i suoi uomini avevano messo piede nel villaggio sui loro cavalli, la notizia del loro arrivo si era diffusa come un fulmine. I volti erano sbiancati, i bambini erano stati tirati dentro casa e le porte sprangate. La cosa in sé non era preoccupante, anzi. Possedere la fama di portatore di sventura e crudeltà presentava parecchi vantaggi. Le persone, per esempio, quando avevano la mente invasa dal terrore, tendevano a dargli ciò che lui voleva più rapidamente e senza sollevare proteste. A volte però era oltremodo disagevole. Uno dei nuovi soldati entrò nella stanza. Era un giovane allampanato che gli era stato rifilato dal re in persona quella mattina stessa prima che si separassero; uno di quei paggi che si aspettavano che addestrasse, educasse e tenesse in vita finché diventavano grandi abbastanza da morire con le proprie mani. ... “Mi avete chiamato?” continuò il giovane con voce zelante e incerta insieme. ... “Ti ricordi la donna che abbiamo visto poco fa?” gli chiese ora Markus. L’aveva notata fuori da un edificio grigio. A differenza degli altri abitanti del villaggio, non aveva abbassato gli occhi al loro arrivo e, invece di farsi la croce per proteggersi da quei forestieri vestiti di nero, li aveva seguiti con uno sguardo interessato e un sorrisino, giocherellando con un dito attorno al collo della veste. Era difficile fraintendere quel messaggio. Markus aveva fermato il cavallo e soppesato l’invito. Era strano, ma molte donne erano grate per tutto ciò che spezzasse la tristezza e la monotonia della loro quotidianità, anche se – o forse soprattutto se – l’interruzione giungeva sotto le sembianze di un famoso cavaliere. Markus aveva seguito con lo sguardo le linee formose e aveva pensato che, dopotutto, avrebbero potuto sostare in quel posto, per la notte. Non stava con una donna da molto tempo, da quando era tornato dalla Russia. All’aspetto pareva una vedova e a lui piacevano le vedove: decidevano della loro vita e non erano complicate. “Non ho visto nessuna donna. Avrei dovuto?” Markus fece una smorfia. Quel disgraziato non vedeva e non si accorgeva mai di niente. Era un miracolo che fosse ancora vivo.  “Capelli biondi”, gli spiegò. “Bocca grande, vestiti grigi. Disponibile. Portamela qui.”   “Ma che cosa le dico?”    “Che ti ho mandato io”, rispose Markus allungando le gambe sotto il tavolo. “Che ti ha mandato Järv.” IL cielo sopra Illiana era di un blu profondo. Alti abeti e alberi dalla chioma brillante circondavano il lago e si aprivano in un cerchio verde che si innalzava verso la volta celeste. Illiana galleggiava sulla schiena, al centro dello specchio d’acqua. L’acqua non era della temperatura ideale per fare il bagno, eppure lei voleva trattenervisi un altro po’, perché c’era qualcosa in quel freddo glaciale che la tranquillizzava. Ogni volta che si muoveva l’acqua gelida turbinava su di lei ricoprendo la pelle che era riuscita a scaldare al sole, così cercava di fluttuare restando il più ferma possibile. Quando reclinò lentamente il capo all’indietro i seni si sollevarono oltre la superficie dell’acqua, facendola rabbrividire. Chiuse gli occhi e si lasciò sopraffare dai sensi. L’aria odorava di bosco e di estate. Un’anatra selvatica era scivolata tra i giunchi con i suoi piccoli, provocando un fruscio, ma per il resto non si udivano altri uccelli, gli insetti tacevano e le foglie erano immote. A eccezione di qualche pesce curioso, attorno a lei c’erano solo l’acqua cupa e fredda, il bosco silenzioso e una debole brezza. Svuotò la mente e si lasciò trasportare dall’acqua n tutti gli anni che si era spinta sin lì per immergersi, non aveva mai incontrato anima viva. Gli abitanti del villaggio, situato poco distante dal podere, non vi si recavano mai e nessuno dei famigliari condivideva il suo amore per i bagni. La maggior parte di loro non sapeva nemmeno nuotare. Lo frequentavano solo alcuni animali che andavano lì ad abbeverarsi e gli stormi di anatre che vi tornavano anno dopo anno. Per il resto quel lago era soltanto suo. All’ennesimo schianto il bosco attorno a lei divenne di colpo un luogo minaccioso. Tentando di proteggersi, Illiana si strinse al petto i vestiti che non aveva fatto in tempo a infilarsi e si ritrovò davanti un ragazzo che si fermò di botto e la fissò. Era madido di sudore e sembrava nervoso. “Chi siete?” chiese Illiana ostentando una sicurezza che non provava. Indietreggiò sull’erba scivolosa mentre quello avanzava di un passo e faceva un cenno impaziente. “Il mio signore ti prega... vi prega di seguirmi”, proclamò. “Per favore, sbrigatevi, sono già in ritardo. Mi sono perso. Mi perdo sempre. Ora venite. Affrettatevi.”  Illiana non avrebbe potuto indietreggiare oltre, i cespugli e il sottobosco glielo impedivano, e il giovane le sbarrava il sentiero. “Ha detto che eravate disponibile. Per favore, non fate storie. Non so cosa mi farà se tornerò a mani vuote. È già irritato per qualche altro motivo.” Si passò una mano sulla fronte e inciampò su un ramo. “È sempre irritato.”  “Io non faccio storie”, osservò Illiana con la voce più calma che trovò. Nel frattempo si fece coraggio. Aveva una sola possibilità. Veloce come un fulmine, girò su se stessa e sparì tra la vegetazione, ma subito udì lo sconosciuto imprecare e rincorrerla. In men che non si dica il giovane l’agguantò per i capelli e la tirò indietro con forza. Illiana gridò, ma qualcosa calò sulla sua testa. D’un tratto divenne tutto nero e asfissiante e le sembrò di soffocare. Cercò di nuovo di strillare, ma lo spesso tessuto le venne premuto su naso e bocca. Poco dopo Philippe spalancò la porta dell’abitazione con un fracasso terribile. Il ragazzo avanzò di un altro passo e con un’espressione soddisfatta fece scivolare il fagotto a terra. ... “E questa che cos’è?” chiese Markus cambiando posizione e lasciando che la luce cadesse sui ricami della sua veste. Vedendo lo stemma che simboleggiava il suo cognome – Järv, il ghiottone –, alla giovane mancò il respiro. Bene, ora sapeva chi aveva davanti. ... Philippe si protese verso di lei, facendola trasalire, e sollevò una ciocca di capelli biondi verso il suo signore. “Capelli biondi, proprio come avevate detto», sottolineò il ragazzo.   “Ero sicuro che fosse lei.” Deglutì. ... “Chi sei?” le domandò ruotandole verso l’alto il palmo della mano. Tracce di terra sotto le unghie, ma per il resto la pelle era morbida e curata. Non si trattava di una sguattera e lo sguardo era troppo lucido per appartenere a una pazza. ... “Illiana Henriksdotter”, si affrettò infine a rispondere. Dunque non era una spia, proprio come aveva ipotizzato. “Dovresti tornare a casa”, osservò lui. Lei inarcò le sopracciglia, più scure dei capelli biondi. “Sì, ci ho pensato anch’io”, replicò seccamente. “Sei libera”, soggiunse Markus con un gesto di commiato. Non aveva intenzione di ostacolarla. “Davvero?”  “A meno che tu voglia restare, si capisce”, ribatté lui, perché la trovava così desiderabile e lui era talmente a digiuno... Non li capiva davvero i monaci, che vivevano nel celibato. “Potreste offrirmi il mantello”, gli propose lei. “Potrei.” Ma poiché non si mosse di un passo, Illiana gli lanciò un’occhiata truce e Markus sorrise tra sé. Era piccola come un topolino, ma aveva un carattere di ferro e non sembrava affatto scossa. Decise che l’avrebbe lasciata andare. A un tratto, però, Illiana vacillò. Fu questione di un attimo, lei riuscì a sorreggersi all’unica sedia nella stanza, ma Markus notò comunque il suo smarrimento. E si rese conto che forse era più sconvolta di quanto avesse creduto all’inizio. Dopotutto era solo una donna molto giovane che era stata rapita, per giunta senza vestiti. ... Mentre si trovava di fronte a lui, nuda e disorientata, e aveva visto il ghiottone ricamato sul suo petto, si era convinta che fosse giunta la sua ora, che l’avrebbe stuprata e fatta a pezzi. Era ancora molto turbata, tuttavia... Si torse sotto il mantello pesante e ruvido che le pizzicava la pelle. Più passava il tempo e più le sembrava che quell’uomo non avesse intenzione di violarla o ucciderla. Il sole splendeva sempre più vicino alle cime degli alberi e questo le ricordò di quanto si fosse fatto tardi: di lì a poco le campane avrebbero annunciato la funzione serale e lei mancava da casa da troppo tempo. Ormai dovevano chiedersi che fine avesse fatto. Cercò di tenere a bada il terrore. Osava a malapena pensare a cosa avrebbe detto la sua famiglia di quella faccenda. ...
Come se la caverà la povera Illiana e cosa succederà con Markus? Lasciatevi conquistare da questa attraente storia e spero che queste pagine abbiano esaltato il gusto del vostro caffè, come hanno fatto con me.

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