lunedì 24 febbraio 2014

Benvenuti nella "Grande Mela" la città dove tutto è possibile, anche vivere un amore da favola.

    Caffè      Letterario


Buongiorno miei cari lettori e viandanti sperduti, pronti con il caffè? Perché oggi vi porterò tra le dolci pagine di... Tutta colpa di New York  di Cassandra Rocca
Inizia una nuova settimana, ma non temete, ho trovato la lettura giusta per iniziare con dolcezza questa nuova settimana. Immagino che anche voi avete trovato fantastico il bellissimo film con Julia Roberts e Hugh Grant, Notting Hill. 
Beh! allora seguitemi, perché ora ci spostiamo a New York dove vi presento la versione femminile di William Thacker, Clover O’Brian,
una comunissima e irruenta giovane donna, senza peli sulla lingua, con occhi verdi, morbidi capelli rossi e a differenza del nostro William, non lavora in una libreria di viaggi, ma pur sempre in un negozio, con la particolare mansione di personal shopper. Caspita! sapevo dei personal trainer, ma onestamente i “personal shopper” mi mancavano. Infatti la nostra protagonista, aiuta i suoi clienti nell’ardua impresa di scovare il regalo perfetto. 
La parte di Sara Scott è rappresentata da Cade Harrison,

un attore di Hollywood bello, ricco, famoso e amato. Ma diversamente da Sara, il nostro Cade non è un suo cliente, ma allora come si possono incontrare due persone che vivono in mondi completamente diversi? Come per Sara, la causa principale è il risvolto negativo del successo, infatti Cade, è appena uscito da una relazione disastrosa con una collega, e il bisogno di rifugiarsi in un luogo poco frequentato dalle star, lontano da occhi indiscreti e soprattutto dai paparazzi è la motivazione che lo spinge a trascorrere le feste a New York, in una casa presa in prestito da un amico. 

Adesso, non mi resta che lasciarvi a questo assaggio, da degustare insieme al vostro caffè, dove potrete scoprire come avviene il magico incontro tra i protagonisti di questa romantica e divertente storia, narrata da

Cassandra Rocca
Ma scopriamo qualcosa di più su...
Cassandra Rocca, una giovane scrittrice di origini siciliane, che vive a Genova. Nella vita di tutti i giorni lavora come educatrice infantile, ma dedica il tempo che le resta al suo amore più grande: i libri. Accanita lettrice e aspirante scrittrice fin dalla tenera età, ha iniziato a pensare di rendere pubblica la sua passione solo negli ultimi anni. Tutta colpa di New York è il suo romanzo d’esordio.
Rivolgiamo uno sguardo ai commenti di chi ha letto questo libro?
“Dialoghi brillanti e spassosissimi che rendono irresistibile la lettura. Puro godimento.”
Elisabetta
“Dolce come un’intera scatola di cioccolatini, ma senza calorie”
Benedetta
Beh! direi che gli ingredienti sono ottimi, per iniziare con dolcezza questa nuova settimana, quindi godetevi la vostra insostituibile bevanda mattutina, il caffè e la spensierata storia di Clover & Cade e del loro... fortuito incontro nella “Grande Mela”, la città dove tutto può diventare possibile.
Le risate dei bambini risuonavano lungo la via, facendo eco a quelle più contenute degli adulti e ai tipici rumori delle case in festa. In un piccolo quartiere residenziale di Staten Island le famiglie erano intente a celebrare il giorno del Ringraziamento attorno a tavole imbandite, su cui facevano bella mostra di sé tacchini ripieni, gustando squisite torte di zucca, patate dolci, e chiacchierando amabilmente con gli ospiti. In strada, i bambini si godevano la fredda giornata di sole di fine novembre rincorrendosi fra loro, ma erano i piccoli gemelli Stevenson a ridere più di tutti gli altri, inseguiti da una strana specie di tacchino umano. - “E così vorreste mangiarmi, eh? Ve la faccio vedere io, cannibali! Sono stufo di vedere i miei simili stesi sui vostri tavoli!”. Con voce stridula, infarcita dei buffi versi tipici di un tacchino, Clover O’Brian continuò a rincorrere i tre monelli di sette anni per il piccolo spazio erboso di fronte alla chiesa, deliziata dalle loro grida. - “Chi di voi ha mangiato più tacchino a pranzo?”, chiese, facendo seguire una raffica di glo glo glo per dare enfasi al personaggio. - “Io, io!”, strillò Sam, quello con due buchi vuoti al posto degli incisivi superiori. - “Ne ho mangiati ben due piatti!”. - “Ah, non stento a crederlo! Con tutto quello spazio lì davanti, è naturale che cada più cibo nella tua bocca”, scherzò Clover, fingendo di caricarlo a testa bassa. - “Allora mangerò prima te! Glo glo glo!”. Scattò in avanti facendo urlare di gioia il bambino, poi si dedicò anche agli altri due. Iniziava ad avere il fiatone, ma le piaceva sentire il suono di quelle risate infantili. E poi non aveva niente di meglio da fare: era sempre sola il giorno del Ringraziamento. Anzi, a dirla tutta, era sola quasi in ogni ricorrenza speciale. Non poteva affermare di avere una famiglia e i suoi pochi amici passavano le feste con i propri cari, com’era giusto che fosse. Riceveva spesso i loro inviti, ma preferiva declinare e trovare passatempi alternativi per trascorrere quelle giornate. Imbucarsi nelle case altrui non faceva che ricordarle ciò che a lei mancava, e non voleva che pensieri così tetri le rovinassero un giorno di festa. L’allegria era quasi un dovere, per Clover. Soprattutto in quel periodo. Adorava il Natale, l’atmosfera che si respirava a dicembre e in nessun altro mese dell’anno, e si batteva continuamente perché nessuno rovinasse quei trenta giorni per lei sacri, anche a costo di festeggiare da sola. Da quando suo padre era morto, ormai dieci anni prima, Clover si era lentamente abituata alla solitudine. Non che prima ci fosse un gran clima di festa in casa O’Brian: nessuno nella sua famiglia aveva una predisposizione al buonumore, né uno spiccato spirito natalizio. Ma lei non aveva perso quell’esuberanza infantile che la faceva sorridere come un ebete al pensiero di dozzine di pacchi colorati sotto un albero luminoso. Per questo cercava in tutti i modi di non farsi avvelenare dal cinismo e dal disincanto altrui. Sua madre aveva sempre odiato il Natale. Dover organizzare una festa impeccabile per gli ospiti, andare alla ricerca dei regali per tutti e sorridere a parenti e amici comportava nervosismo e imprecazioni, dai quali suo padre si teneva sempre saggiamente alla larga. Ma una volta rimasta vedova le cose erano ulteriormente peggiorate, e così Nadia O’Brian aveva smesso di organizzare qualunque festeggiamento, limitandosi ad accettare gli inviti altrui. Suo fratello Patrick, invece, da quando si era sposato aveva perso ogni interesse per quel periodo, considerandolo solo una festa per bambini. A dire il vero erano molti i cambiamenti avvenuti in lui, dopo il matrimonio, e tutti negativi: si era chiuso in se stesso, pensando unicamente al lavoro e ai figli, dimenticando il bel rapporto di complicità che li aveva sempre legati. Clover ripensava a Patrick con nostalgia e rabbia… Ripensava, sì, perché i ricordi erano tutto ciò che le rimaneva: non essendo particolarmente simpatica alla cognata, il loro legame si era inesorabilmente allentato e i loro incontri erano diventati sporadici. In ogni caso, per quanto la cosa potesse dispiacerle, il distacco dalla sua famiglia le aveva permesso di mettere la giusta distanza fra il suo bisogno di serenità e allegria e la loro tendenza al melodramma. La morte della nonna paterna, per di più, aveva dato a Clover la possibilità di allontanarsi anche fisicamente da quel clima teso. Andarsene dal Maine e prendere possesso della sua eredità – la piccola villetta nella quale viveva da ormai tre anni – era stata una benedizione, e gli incontri con la sua famiglia si erano ridotti quasi a zero. Adesso le feste comandate erano monopolio di Patrick e sua moglie Sienna: ogni anno, tutta la famiglia O’Brian si riuniva nella loro casa di campagna e, per almeno un paio di giorni, fingeva di andare d’amore e d’accordo e di provare interesse per tradizioni natalizie osservate solo a beneficio dei bambini. A causa della sua scarsa inclinazione a mentire e della sua incapacità a trattenere verità scomode, Clover non era la benvenuta… ma poco le importava. Partecipare a quei ricevimenti, i primi anni, era stato un tormento costellato da discussioni e musi lunghi, che inevitabilmente sfociavano in feroci mal di testa e tristezza latente. Da allora era nato un tacito accordo tra lei e suo fratello: Patrick la invitava alla cena della vigilia e al pranzo di Natale, lei fingeva di avere già altri impegni e tutto si riduceva all’invio, da parte sua, degli annuali regali per tutta la famiglia. Soltanto questo la salvava dall’essere depennata definitivamente dall’albero genealogico: era maledettamente brava a fare regali. -  “Clover, sei troppo lenta! Non riesci a prenderci!”, sbottò Mark, il più sveglio dei gemelli Stevenson, strappandola ai suoi pensieri e riportandola alla realtà. - “Ho mangiato troppi bambini a pranzo, forse è il caso che vada a riposarmi. Vi mangerò un’altra volta”. - “All’attaccoooo!”, urlarono tutti insieme, correndo verso di lei. Con una risata, Clover si voltò di scatto per scappare, ma un ostacolo inaspettato si parò dinnanzi a lei, una barriera che occupava tutta la sua visuale e che la fece rimbalzare all’indietro, scaraventandola sull’erba. - “Ma che cavolo…?”, bofonchiò. “Si è fatta male?”. A quella voce Clover alzò lo sguardo, mentre una mano dalle dita lunghe si affacciava nel suo campo visivo. La mano non era che l’elegante appendice di un braccio, a sua volta parte di un corpo ben proporzionato, coperto ma non nascosto da una giacca di ottima fattura. - “Porca miseria”, borbottò, rialzandosi senza l’aiuto della mano tesa. - “Ma lei chi è, Wolverine” 
- “No, quello è Hugh Jackman”. 
- “Dalla consistenza del suo torace si direbbe che anche lei è fatto di adamantio”
- “Il colpo è stato così forte? Devo chiamare un’ambulanza?”, chiese l’uomo, con una chiara nota divertita nella voce. Clover alzò finalmente lo sguardo su di lui e per poco non cadde un’altra volta. Nonostante il cappello di lana e il bavero della giacca sollevato, era impossibile non riconoscere quel viso dalla bellezza sconvolgente. Cade Harrison, il noto attore di Hollywood...
   ......
Come si concluderà questa romantica storia iniziata con questo incontro? Scopriamolo continuando a LEGGERE.
Al prossimo Caffè Letterario e... 

Buona Lettura


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